Brusco calo dei prezzi del petrolio innescato dai crescenti timori di recessione negli Stati Uniti e dai forti ribassi delle borse mondiali. Gli investitori stanno tenendo in considerazione le crescenti prospettive di una recessione negli Usa, secondo le affermazioni dell’analista petrolifero Victor Shum della Purvin & Gertz che aggiunge che i piani dell’amministrazione Bush di stimolare l’economia non hanno portato molto ottimismo ai mercati finanziari. Tuttavia pare che il down stia cambiando direzione, anche se i prezzi petroliferi si collocano oramai su di un livello inferiore di 10 dollari rispetto al record di oltre 100 dollari al barile toccato all’inizio dell’anno. Nei giorni scorsi il costo di un barile si aggirava attorno agli 88 dollari, ma comincia a realizzare un aumento.
Il petrolio quindi, dopo l’impennata di inizio gennaio e la brusca recessione a circa 88 dollari, ritorna a salire, viaggiando sulla soglia dei 90 dollari, dopo le reazioni contrastanti evidenziate dai dati sulle scorte annunciati dal DOE. Infatti, gli stocks di greggio sono saliti, ma poco meno del previsto, mentre quelle di benzine sono aumentate oltre le previsioni. In calo le scorte di distillati. Intanto, il contratto di marzo sul light crude scambia a 90,01 dollari al barile, in rialzo dello 0,67% rispetto alla chiusura di due giorni fa, rispetto ad un massimo di 90,20 usd/b. In forte rialzo anche il Brent che quota 89,92 dollari al barile (+0,95%).
E’ troppo presto per dire che l’economia statunitense e’ in recessione. Lo ha sottolineato il segretario all’energia Usa, Sam Bodman, precisando tuttavia che gli alti prezzi del petrolio hanno colpito la crescita americana. L’ economia americana secondo Bodman e’ stata in grado di resistere al forte rialzo dei prezzi ma se la quotazione del petrolio continua a crescere si avrà un impatto certo sul livello dell’attività economica.
via | laRepubblica.it