Mercati emergenti: la Turchia

Quando parliamo di guardare ad est per investire nei mercati emergenti generalmente focalizziamo l’attenzione su Cina e India, rischiando di dimenticare la Turchia. Nonostante le frequenti tensioni interne, la Borsa di Instanbul è infatti risultata essere alla fine del 2007 il quinto listino mondiale per rendimento. Dalla metà degli anni ’80 l‘ISE (Instanbul Stock Exchange) è l’unica società autorizzata per gli scambi azionari delle 320 compagnie quotate nel listino della borsa turca.

L’indice di riferimento è l’IMKB; negli anni ha avuto un andamento piuttosto oscillante, in correlazione con l’instabilità della politica interna. Il mercato è comunque in forte crescita ed ha materializzato rendimenti ad un anno tra il 50% ed il 60%.

Mai come oggi è ora di puntare sui mercati emergenti e nel comparto Etf gli strumenti relativi a paesi come Brasile, Turchia e India guidano la classifica dei migliori rendimenti. Il 2007 è stato l’anno d’oro degli Etf turchi, anche di quelli quotati nelle borse europee.


L’Etf permette di prendere posizione sulle blue chip del mercato turco, un mercato che in prospettiva entrerà nell’area euro. La sua volatilità è tipica di tutti i mercati azionari emergenti e l’Etf può essere un buon mezzo per puntare a sovraperformance o per aumentare il grado di diversificazione geografica del proprio portfolio. Nell’indice Dow Jones turco nessuno dei titoli supera a livello di peso specifico la soglia del 10% e a livello settoriale il comparto più presente è quello bancario, che pesa per oltre il 50%, seguito da industriali, alimentari ed energetici.

Un investimento in prospettiva sarebbe comunque caratterizzato dal legame dell’economia turca, in quanto emergente, con il quadro macro economico internazionale. Sono stati in molti però a credere nel paese della mezzaluna: tra il gennaio 2006 ed il novembre 2007 gli investimenti diretti dall’estero hanno sfiorato i 28 miliardi di euro. Il Pil del paese del resto è cresciuto con un tasso annuo del 7,4% negli ultimi 5 anni e se dovesse concretizzarsi l’entrata in Europa l’economia turca non potrebbe che trarne benefici.

Negli ultimi tempi la Turchia è diventata meta obbligata di molte aziende italiane: Barilla, Benetton, Enel, Fiat, Pirelli ed Unicredit, portando al 10% il progresso delle quotazioni nel mese di gennaio.