Parlare di boom dei mercati emergenti è ormai cronaca di tutti i giorni. Già nel 2007 con la crisi globale dei mutui subprime alle porte le aziende e gli investitori cominciavano a gettare lo sguardo verso BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), ma mentre tutti conosciamo le potenzialità e la forza dei mercati russo, indiano e cinese, quello brasiliano è sempre stato considerato di secondo livello. Il Brasile è un paese ricchissimo di risorse naturali ed è sempre stato visto principalmente come un “fornitore di materie prime“.
Molte aziende sono state costrette a rivedere questa definizione e molte altre dovranno farlo. Nel 2007 il Brasile ha visto investimenti stranieri diretti per la cifra di 34,6 miliardi, secondo quanto riportato dal Finacial Times. Secondo i dati del UNCTAD (Congresso delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo) gli investimenti diretti hanno addirittura superato del doppio quelli rivolti verso l’India e hanno portato il Brasile al secondo posto della classifica mondiale.
La sua ricchezza di risorse naturali, la cui domanda mondiale cresce incessantemente, ha senza dubbio rivestito un ruolo fondamentale in questo boom ma andando ad analizzare il tipo di investimenti ricevuti stupirà il fatto che i settori che maggiormente ne hanno beneficiato sono quelli manifatturiero (un terzo degli investimenti totali) ed edilizio.
La crescita del Brasile per il momento risulta ancora più lenta di quella degli altri paesi del BRIC e di alcune economie sudamericane, con il Pil aumentato del 5,3% nel 2007 e stime per il 2008 di un +4,7%. Nonostante questo crescita reale di guadagni di reddito e la facilitazione del credito, l’espansione di una nuova classe media la cui domanda di consumi aumenta costantemente (+10% nel 2007), l’autosufficienza energetica, lo sviluppo tecnologico ne fanno un paese su cui scommettere nonostante il rischio di bolla speculativa dovuta al troppo entusiasmo per le economie dei paesi emergenti.
Il Wall Street Journal ad esempio ha definito il Brasile “centro finanziario dell’America Latina”: la borsa di San Paolo ha registrato numerosi record nel 2007 ed il Banco Itaù ha messo a segno performance vicine a quelle della Deutsche Bank. Non solo commodities quindi nel paese verde oro: gli analisti prevedono addirittura che nel 2008 la domanda di auto ed immobili possa superare quella di minerali e petrolio.
C’è anche chi è stato un precursore di questa tendenza ed è presente in Brasile da decenni con ottimi risultati: la Fiat ha immatricolato quest’anno 613 mila veicoli (+ 30,5% rispetto al 2006) ed ha in Brasile il mercato principale, dopo l’Italia. Nel paese sudamericano Fiat ha anche il più grande stabilimento estero ed ha in programma di ampliarne la produzione, passando da 700’000 unità a 800’000. Non solo Fiat però, anche Telecom e Finameccanica hanno messo radici in Brasile e si prevede che presto saranno seguite anche da piccole e medie imprese.
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