Dopo aver toccato i minimi da dieci anni, sempre più vicino alla soglia di 1 euro il titolo Telecom Italia stenta a recuperare fiducia negli investitori. E d’altra parte sembra la sempre più intricata questione sul futuro assetto aziendale, dopo le dichiarazioni di uno dei principali soci, Gilberto Benetton, comincia ad assumere quasi i toni della farsa verso chi, in questi anni ha scommesso sull’azienda e fino ad ora è rimasto clamorosamente scottato.
Le affermazioni di Benetton, mercoledi, infatti erano sembrate chiare ed inequivocabili, affermando senza mezzi termini che prima o poi Telecom Italia dovrà fare un aumento di capitale e in quell’occasione la sua famiglia potrebbe decidere di non sottoscrivere, diluendo la propria quota. Le secche smentite subito giunte dai vertici aziendali non hanno assolutamente convinto i mercati, che sembrano ormai voler punire il titolo proprio e soprattutto per la sua mancanza di chiarezza circa il prosieguo del percorso aziendale.
Anche perchè scorrendo i dati di bilancio, si rimane quantomeno sotupiti dal crollo del titolo. Telecom, infatti, ha un rapporto Debt/Ebitda atteso per fine 2008 di 2,8 volte che dovrebbe scendere a 2,6 volte nel 2010. Non si tratta di una situazione finanziaria sotto stress, Telefonica ha un rapporto Debt/Ebitda di 2,3 volte, Deutsche Telekom di 2,6, France Telekom di 2,2. Solo un eventuale progetto industriale che prevede acquisizioni potrebbe richiedere risorse fresche ma Telecom ad oggi non sembra certo orientata ad un passo del genere. Forse lo sfogo di Benetton ha a che fare con il fatto che la famiglia ha in carico il titolo a circa 4 euro, ben meno della metà delle quotazioni odierne. E l’ipotesi di un aumento di capitale potrebbe essere l’arma per dare una scossa ad un management che appare statico e con le mani legate. Il fatto che anche Telefonica abbia più volte chiesto di poter contare di più all’interno del board di Telecom la dice lunga sulla fiducia che i principali soci nutrono sull’attuale vertice societario. La situazione perciò appare arrivata al nodo cruciale e in un modo o nell’altro la società dovrà decidere come utilizzare quel grande serbatoio di 30 milioni di utenti che rischiano paradossalmente di diventare forse più una zavorra che un benefit.