La variabile prezzo del greggio continua a sconvolgere i mercati finanziari di tutto il mondo. Malgrado infatti i forti ribassi di queste ultime due settimane, alcuni analisti sono convinti che il ribasso sia solo una pausa in un trend al rialzo. Il petrolio è tornato sui suoi passi e lo ha fatto in modo frettoloso. Dopo aver toccato i 145 dollari al barile il 14 luglio, ha perso nelle ultime sedute circa il 16%. Si tratta di una sana correzione o dell’inizio di un mercato orso? Per l’oro nero è molto vicina la soglia del -20% che sui mercati finanziari è considerata un chiaro segnale di inversione del trend.
Alcuni fondamentalisti, che basano le loro teorie sulle variabili macroeconomiche e sui dati di bilancio, dicono che le leggi base dell’economia non sono state sovvertite. I prezzi non possono salire all’infinito, perché i consumatori non sono disposti a pagare qualsiasi somma per comprare la benzina. I sostenitori del bull market, però, sono convinti che il trend di lungo periodo sia al rialzo, anche se le quotazioni dovessero nel breve scendere intorno ai 100 dollari al barile, perché i problemi strutturali, che hanno favorito il rally degli ultimi anni non sono venuti meno. Insomma, secondo questa scuola di pensiero, il petrolio si è preso una pausa prima di lanciarsi verso nuovi record, in un mondo che è profondamente diverso dal passato.
Negli ultimi anni, gli analisti hanno dovuto rivedere più volte le stime sul prezzo del petrolio. Dopo la seconda guerra mondiale, la media storica è stata di 20 dollari (in termini reali), negli anni Ottanta è salita a 26. Questi livelli appartengono ormai al passato. Gli analisti di Morningstar hanno calcolato che il prezzo per indurre i produttori a investire nell’aumento dell’offerta sarà di 50-60 dollari al barile almeno per i prossimi cinque anni. E i dati deludenti di Exxon confermano la convinzione che sul prezzo del petrolio è ormai sempre più difficile azzaradare qualsiasi previsione attendibile.