Lo spoglio delle schede è terminato, il referendum su acqua, nucleare e legittimo impedimento ha raggiunto e superato di slancio il consueto quorum, un evento che non accadeva da addirittura sedici anni: i quasi 27 milioni di votanti hanno consentito di raggiungere un importante 57% di affluenza, con una vittoria preponderante dei Sì (94%). Che cosa cambierà ora dal punto di vista economico dopo questa consultazione? Esaminiamo ogni ambito uno per uno. Anzitutto, c’è il quesito sul nucleare: in questo caso si è espresso il 56,99% degli aventi diritto al voto, con il 94,8% di Sì e il 5,2% di No.
Questo vuol dire che gli investimenti da quaranta miliardi di euro relativi all’energia dell’atomo andranno letteralmente in fumo, così come i previsti progetti di quattro nuove centrali nel nostro paese: l’abbandono è definitivo, dopo che già nel 1987 gli italiani si erano espressi alla stessa maniera. Il Governo puntava invece sui maggiori risparmi dal punto di vista economico, circa 400 terawatt da qui ai prossimi dieci anni, un risparmio del 20% per quel che concerne i costi di generazione, stime che ora verranno messe nel dimenticatoio. I due quesiti sull’acqua avevano la maggiore rilevanza economica in assoluto. Le percentuali sono molto simili tra di loro: il 57,02% e il 57,03% degli elettori hanno votato, rispettivamente, per i quesiti sui servizi pubblici locali e sulla tariffa del servizio idrico.
Anche in questo caso, ha trionfato nettamente il Sì, con percentuali comprese tra il 95 e il 96%. I servizi pubblici, come appunto l’acqua, non verranno dunque privatizzati, ma ora l’ultima parola spetterà a ogni singolo comune, a cui spetta la responsabilità per le gare e gli appalti in questione. Secondo le imprese energetiche e del settore, le opere idriche verranno finanziate con un aumento delle tasse, ma in molti hanno richiesto una nuova legge, così come urgenti sono le riduzioni delle tariffe pagate dai cittadini.