È quasi sorprendente la capacità di resistenza alla crisi finanziaria mondiale dimostrata dai paesi emergenti, in particolare da quelli dell’America Latina (Argentina, Brasile, Uruguay, Cile…). Il più grave collasso economico degli ultimi dieci anni è stato infatti vissuto da questi paesi con una sorta di placido attendismo: è una situazione strana quella che si sta delineando, perché le precedenti crisi avevano coinvolto in maniera più rapida e profonda proprio gli stati sudamericani.
Non si è verificato nessun crack e gli unici effetti da rilevare sono stati quelli sulle borse: San Paolo ha perso 7,59 punti percentuali, seguita da Buneos Aires (-5,2%) e, in maniera più lieve, Santiago del Cile (-0,53%). Cerchiamo di capire ora il perché di questa situazione e le prospettive future.
L’Argentina, ha avuto ritmi di crescita molto intensi negli ultimi anni, soprattutto dopo aver superato la grave crisi del 2001: il ricordo di un crack così recente ha fatto subito pensare che il fallimento di Lehman Brothers coinvolgesse le società argentine. Ciò non si è verificato, soprattutto perché l’Argentina ha mostrato la consistenza del suo mercato immobiliare, poco esposto ai finanziamenti esterni. Per quanto riguarda il Brasile, a parte il pesante tonfo del Bovespa, l’indice borsistico del paese, c’è il vantaggio, come ha sottolineato il presidente Lula, di detenere 207 miliardi di dollari di riserve. Anche in questo caso, la resistenza alla crisi è derivata dalla minor esposizione al mercato statunitense rispetto alla precedente crisi (15% contro il 27%).
L’Uruguay può a buona ragione considerarsi una piccola economia molto forte (vi sono solamente 4 milioni di abitanti): nonostante dei tassi di disoccupazione e inflazione ancora troppo alti (rispettivamente del 9% e 7%), sono state aumentate le previsioni di crescita del PIL per il 2008. Infine, il Cile, paese la cui economia è legata al prezzo del rame, ha avuto una caduta borsistica meno grave che altrove: come sottolineano gli economisti cileni, l’economia del paese potrebbe rallentare non per gli effetti della crisi, ma per una caduta del prezzo del metallo.