Tra tanti eventi imprevedibili, forse il declino del commercio mondiale poteva essere messo in preventivo con largo anticipo: in effetti, questo calo non è altro che il risultato di più fattori concomitanti, vale a dire il terremoto che a marzo ha sconvolto il Giappone, ma anche e soprattutto il batterio killer che ha sconvolto in estate il Vecchio Continente. Tutto questo ha causato la perdita di ben otto punti percentuali nel corso dei primi sei mesi di quest’anno, così come sottolineato in maniera opportuna da Capgemini Consulting, compagnia francese che si occupa appunto di queste ricerche e di altri servizi professionali. Nel dettaglio, le due vicende che sono state appena elencate vengono considerate come quelle più determinanti per la contrazione a cui ci stiamo riferendo.
In effetti, le economie di diversi paesi si sono letteralmente bloccate, in particolare quella nipponica, una delle più importanti per quel che concerne il commercio: di conseguenza, la produzione industriale ha continuato a perdere terreno e gli scambi tra Tokyo e il resto del mondo hanno cominciato a diminuire nel secondo trimestre. L’effetto domino è stato inevitabile. A pagare il prezzo più salato è stata la prima economia mondiale, gli Stati Uniti, alle prese con ribassi pericolosi in relazione alla produzione di autovetture: non ci si deve stupire più di tanto per questo coinvolgimento “illustre”, dato che gli States importano di solito la maggior parte delle componenti dalla nazione asiatica, ma stavolta l’import stesso è riuscito a segnare un rosso di ben due miliardi di dollari al mese.
Lo stesso discorso vale anche per altri paesi piuttosto solidi dal punto di vista economico, vale a dire l’Australia, la Francia, il Regno Unito e il Canada, con punte negative che sono arrivate fino al 3%. Per quel che riguarda, infine, l’Escherichia Coli, c’è da dire che esso ha influito dal punto di vista agricolo, rallentando soprattutto gli scambi dell’Europa.