Il più che probabile default della Grecia sta praticamente oscurando le situazioni finanziarie di altri paesi europei, quando invece l’attenzione dovrebbe essere mantenuta alta anche ad altre latitudini: è il caso della Danimarca, alle prese con una profonda crisi del proprio sistema bancario, inasprita dal recente piano governativo volto a imporre una tassa sui prestatori. La misura fiscale in questione rappresenta una vera e propria minaccia, anche perché gran parte degli istituti della nazione scandinava non hanno accesso al mercato dei finanziamenti in questo preciso momento storico. Lo stress a cui sono sottoposte le banche stesse, inoltre, non aiuta a consolidare la stabilità di fondo.
In effetti, la coalizione social-democratica che ha vinto le elezioni nazionali nel corso di questo mese ha intenzione di introdurre una imposizione extra pari a ben sei miliardi di corone (1,1 miliardi di dollari), una cifra che ovviamente si riferisce a un arco temporale di un anno: il denaro così ottenuto verrebbe quindi destinato ai finanziamenti di altri settori, tra cui quello sanitario e quello scolastico. Le banche danesi sono già sotto pressione da diverso tempo in quanto non riescono ad emergere dalla crisi finanziaria che le ha colpite da febbraio, quando Amagerbanken ha dovuto dichiarare fallimento a causa delle proprie perdite, ora si prospetta una situazione ancora più complicata. I prestiti alle imprese danesi, poi, sono crollate letteralmente ad agosto, con un livello negativo che non veniva registrato da almeno cinque anni; in aggiunta, non può essere dimenticato nemmeno il declino dei prezzi dei titoli bancari.
Sintomatico di questa situazione è il calo subito dalla principale azienda operante nel settore, Danske Bank, la quale ha perso quasi il 50% del proprio valore di mercato in questo 2011 (i relativi Credit Default Swap sono stati scambiati a quote molto più alte del normale). Nei prossimi mesi, infine, sono attesi tagli sostanziosi del personale, i quali dureranno per tutto il 2012.
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