Continua a peggiorare lo stato della crisi dei mercati finanziari, ma ciò che più conta è che il mercato sembra in preda soltanto alla paura: paura di nuovi fallimenti, paura della recessione e paura che il mercato scenda ancora. Siamo davanti ad un circolo vizioso: ieri Wall Street è arrivata a perdere il 9% a causa della mancata approvazione del piano Paulson, la paura che ne è seguita ha contratto ulteriormente il mercato interbancario (c’è un interessante articolo sul sole24ore a proposito) con il risultato che trovare liquidità a prestito è praticamente impossibile. In pratica la paura che le banche non vengano salvate riduce l’ammontare di liquidità disponibile per le banche stesse, il risultato è che i problemi peggiorano. E se fallissero altre banche l’economia potrebbe risentirne in modo significativo, visto il ruolo del settore bancario all’interno dell’economia.
A far crollare ulteriormente il mercato (sono scese tutte le società, non solo le banche) è stata poi la presa di coscienza dell’aggravarsi dello stato dell’economia (post di domenica). E’ in questo contesto che ieri Ben Bernanke è corso ai ripari cercando di reperire fondi freschi da dare in prestito (le cosiddette “iniezioni di liquidità”). La Fed, insieme alle altre banche centrali, ha aumentato a quota 630 miliardi di dollari i fondi disponibili per i prestiti a scadenze brevi (pochi mesi). Inoltre sembra sempre più realistica una riduzione dei tassi di interesse, anche se in questo caso deve essere tenuto conto anche dell’inflazione. Ma allora potrebbe essere opportuno chiedersi se il piano da 700 miliardi potrebbe aiutare e perché non è stato approvato.
Il piano Paulson potrebbe porre un freno al panico di questi giorni. Adesso l’unica cosa di cui ha bisogno il mercato è la fiducia: sapere che non falliranno altre banche e sapere a quanto ammontano le perdite derivanti dai mutui subprime porterebbe sicuramente chiarezza, cosa che il mercato apprezza. Un mercato di nuovo “tranquillo” sarebbe in grado di fornire alle banche la liquidità di cui hanno bisogno riducendo i rischi di ulteriori fallimenti. Il problema è il prezzo (vedi anche lavoce.info) a cui il tesoro americano potrebbe pagare gli asset illiquidi delle banche, non c’è infatti modo di sapere con esattezza il valore dei titoli in portafoglio alle banche perché tutto dipende dalla capacità futura dei cittadini americani di far fronte ai pagamenti. Il rischio che il Tesoro americano corre è quello di pagare 700 miliardi asset che invece ne valgono di meno.
Un interessante articolo apparso sull’edizione americana di Bloomberg si concentra sulla “main street”, cioè sui normali cittadini, per capire quali sono i giudizi in merito al piano di salvataggio. Tutti gli intervistati si dicono contrari perché non è giusto dare soldi a chi i soldi già li ha. C’è la percezione che quei 700 miliardi di dollari siano quasi un regalo (gli asset hanno invece un valore, non sono carta straccia). A questo punto sorgono sospetti sulla mancata approvazione del piano Paulson da parte del congresso. A due mesi dalle elezioni nessuno dei due schieramenti politici sembra disposto a prendere sulle spalle il peso dello scontento dei cittadini. Domani il Congresso si riunirà una seconda volta, speriamo che nel frattempo la situazione non si sia ulteriormente aggravata.
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