Gli ultimi livelli toccati dallo yen nei confronti del dollaro sono a dir poco storici: in effetti, la valuta nipponica non raggiungeva simili quotazioni almeno dal secondo dopoguerra, tanto da riuscire a rialzare le proprie stime anche nei riguardai delle altre controparti valutarie, a causa soprattutto della crisi del debito che non abbandona ancora l’Europa. Ad esempio, il dollaro canadese ha mostrato segni di rallentamento per la prima volta negli ultimi quattro giorni nei confronti con la moneta verde, visto che la Banca Centrale del Canada ha provveduto a rivedere al ribasso il proprio outlook relativo alla crescita.
Il dollaro americano è riuscito inoltre ad avere la meglio del rand sudafricano e del peso messicano, una delle principali conseguenze della migliorata fiducia dei consumatori a stelle e strisce. Lo yen, al contrario, ha beneficiato soprattutto dell’ultima operazione di Bank of Japan, il quale è intenzionato a considerare una nuova immissione monetaria. Secondo gli strateghi e gli analisti di tutto il mondo, il rapporto yen-dollaro continuerà per qualche tempo ad essere caratterizzato da tale andamento, anche perché la divisa asiatica non risente più di tanto delle pessime performance dell’eurozona, come avviene al contrario in altri casi. Entrando maggiormente nel dettaglio statistico, c’è da dire che lo yen ha guadagnato 0,2 punti percentuali, raggiungendo quota 75,97 nei confronti del dollaro; il ricavo nei riguardi dell’euro è stato invece pari allo 0,4%.
I policy makers giapponesi stanno discutendo anche i possibili effetti di una moneta così forte sull’economia nazionale: tra le varie misure previste figurano l’espansione del programma di acquisto degli assets finanziari fino a cinquanta trilioni di yen (700 miliardi di euro), dieci volte in più rispetto all’importo precedente, senza dimenticare l’acquisizione di quei titoli obbligazionari che presentano delle scadenze superiori ai due anni. C’è fa sottolineare, infine, che il dollaro della Nuova Zelanda ha rappresentato la divisa con le maggiori perdite tra le principali, con un declino di 1,5 punti percentuali.
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