La situazione che si vive attualmente in Grecia è tra le più confuse e incerte dal punto di vista economico e sociale: gli scioperi e i disordini sono all’ordine del giorno, nessuno riesce ad accettare le severe misure di austerity, il duro prezzo da pagare per la crisi del debito sovrano. Si può spiegare soltanto con la volontà di placare tutto questo l’ultimo intervento del primo ministro ellenico George Papandreou, il quale è intenzionato a dar vita a un referendum sull’intesa che è stata raggiunta con i creditori nel corso dell’ultimo meeting dell’Unione Europea.
Si tratta quindi di una iniziativa che reca la firma del Pasok, il partito di maggioranza del paese. In questo modo, come è facile intuire, il popolo deciderà la sorta nazionale, votando sul mantenimento in vita o meno dell’accordo in questione, il quale solo a quel punto verrebbe davvero attuato. La decisione è molto delicata, dato che gli ultimi sondaggi hanno messo in luce una realtà abbastanza incontrovertibile: quasi il 59% dei greci è contrario al piano di aiuti finanziari e un esito negativo del referendum avrebbe senza dubbio degli effetti devastanti. Tra l’altro, a Cannes è tutto pronto per il G20 ed è proprio in questa occasione che Bruxelles suggerirà la massima collaborazione possibile per salvare l’euro, contando soprattutto sulle economie emergenti (Cina e Brasile in primis, ma anche il Giappone).
La prevalenza di cittadini contrati all’intesa è presto spiegata; in effetti, gli aiuti economici sono stati concessi, ma in cambio sono state accettate nuove austerità, sempre più incisive e inique, le quali hanno sconvolto l’esistenza di molta gente. Molto probabilmente non si è tenuta in debita considerazione la reazione dei greci, scesi subito in piazza per far valere i loro diritti: d’altronde, come si può dare torto a questi ultimi, divenuti i responsabili immediati di peccati che non hanno mai commesso.
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