I ministri finanziari europei sono pronti ad avviare l’ormai celebre fondo di salvataggio già a partire dal prossimo mese di dicembre: l’intento è soprattutto quello di venire incontro a Italia e Grecia e alla loro crisi del debito. In particolare, ad Atene è stato espressamente richiesto di fornire un’accettazione scritta dei termini del sostegno finanziario, in modo da ottenere una linea di prestito da otto miliardi di euro entro la fine di questo mese, mentre il nostro paese deve dimostrare che le promesse scritte nella lettera di intenti possono diventare anche realtà concrete.
Come ha spiegato chiaramente Olli Rehn, commissario europeo per gli Affari Economici e Monetari, è ora essenziale che l’intera classe politica possa ristorare in maniera adeguata la fiducia che ha progressivamente perso. L’Europa deve proprio guadagnare nuovi crediti dopo tutti questi drammi politici, anche se non si tratta di una crisi che può essere risolta in modo rapido, il ministro olandese delle Finanze, Jan Kees de Jager, l’ha addirittura definita un “mostro dalle molte mani”. Le opzioni da percorrere sono comunque due. Anzitutto, la prima idea è quella di ridurre i costi di indebitamento delle nazioni maggiormente in difficoltà, magari emettendo dei certificati di protezione parziale, una sorta di assicurazione sulle vendite di obbligazioni; l’unico nodo da sciogliere riguarderà il fatto che questi stessi certificati possano rimanere collegati ai bond, oppure si assisterà a uno scambio libero.
L’alternativa a tutto questo è la creazione di un ulteriore veicolo speciale di investimento che possa inglobare bond e altri fondi e mettendosi in contatto con i potenziali investitori, in primis i mercati emergenti come Russia e Cina. Questa seconda opzione viene solitamente definita come fondo di co-investimento, con due o al massimo tre blocchi ben distinti: si tratta della garanzia dell’Efsf, di una tranche liberamente scambiabile e forse anche una terza tranche debitoria di tipo senior.
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