Raggiunge i 200 punti base lo spread tra i due titoli: anche la Francia quindi inizia a sentire l’amaro sapore della crisi e preoccupata dagli spread e dai rendimenti record registrati negli ultimi giorni dai propri titoli di Stato, rivela le sue preoccupazioni al governo di Berlino e spinge a modificare i trattati per consentire all’Eurotower di fungere da creditore di emergenza per gli stati in crisi, come consigliato anche dagli Stati Uniti. La Bce quindi assumerebbe anche il compito di iniettare liquidità in un sistema barcollante, ruolo però non caldeggiato da altri esperti del settore. Non é d’accordo neanche Mario Draghi:
Piuttosto che investire la BCE di questo ruolo, occorre sbrigarsi con il fondo salva Stati che essi stessi hanno deciso di costituire da mesi ma non hanno ancora reso operativo. È passato più di un anno e mezzo dal summit che ha lanciato l’Efsf nell’ambito di un pacchetto di sostegno il cui ammontare andava da 750 a 1.000 miliardi di euro. Sono ormai passati quattro mesi dal summit che ha deciso di rendere pienamente disponibili i volumi sulle garanzie alle emissioni dell’Efsf, e sono passate quattro settimane dal vertice che ha stabilito di potenziarne le risorse tramite un ricorso alla leva finanziaria in rapporto di quattro o cinque, dichiarando che lo Efsf sarebbe stato pienamente operativo e che i suoi strumenti sarebbero stati utilizzati per garantire la stabilità finanziaria dell’area euro. Dove sta l’attuazione di queste misure annunciate da tempo? Non dovremmo continuare ad attendere.
Non ha usato mezzi termini Mario Draghi, rivelando la sua contrarietà in merito all’attribuzione di maggiori poteri alla BCE e che per intervenire più energicamente sulla crisi dei debiti, serve il fondo salva stati. La BCE deve mantenere il suo obiettivo primario di garantire la stabilità dei prezzi. Ma intanto continua con sempre maggiore insistenza il pressing da parte degli USA.
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