L’amministratore delegato di Citigroup, Vikram Pandit, ha individuato il metodo più immediato per rimettere in sesto i profitti della banca americana: purtroppo, si tratta di un metodo che non è indolore, visto che prevede il licenziamento di circa 4.500 dipendenti, un numero davvero impressionante, ma “giustificato” dalle ultime deboli performance aziendali. In effetti, il quarto trimestre di quest’anno sarà caratterizzato per l’istituto da un monte spese pari a quattrocento milioni di dollari, le quali andranno a coinvolgere anche questi tagli del personale. La cifra è di sicuro impatto, soprattutto se si pensa che alla fine di settembre la stessa Citigroup contava circa 267mila dipendenti nella propria struttura.
Dunque, è lo staff a pagare in prima persona per le difficoltà causate dalla crisi del debito europeo, visto che le banche stanno preparando nuovi regolamenti volti a limitare i livelli di capitale, con la minaccia costante che proviene soprattutto dagli investimenti e dal trading. Secondo alcuni analisti, comunque, si potrebbe addirittura trattare della punta di un iceberg, dunque non sono escluse sorprese negative anche nei prossimi mesi. Lo stesso Pandit, tra l’altro, può essere definito un manager molto avvezzo ai licenziamenti, tanto che dal 2007, anno in cui è diventato chief executive officer di Citigroup, i “siluramenti” sono stati ben 100mila, il tutto nel nome delle vendite e del potenziamento degli assets finanziari.
Questo episodio è soltanto l’ultimo di una lunga serie, con il 2011 che si è caratterizzato per oltre 200mila licenziamenti complessivi da parte di banche e società; il numero è di gran lunga superiore al dato rilevato nel 2010 (58mila) e nel 2009 (174mila), segno che c’è qualcosa che non va. Entrando maggiormente nel dettaglio statistico, occorre precisare che Citigroup ha fatto registrare una crescita del 74% per quel che concerne i profitti del terzo trimestre, grazie soprattutto alle minori attività di rating e a investimenti mirati.
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