Attraverso una intesa allargata assunta nella giornata di ieri, l’Unione Europea è riuscita a compiere il decisivo passo in avanti verso il nuovo Fiscal Compact, il Patto di bilancio che impone regole di rigore comuni sui conti pubblici e sulla crescita economica. Ad ogni modo, l’accordo consolidato in ambito comunitario non è ancora una certificazione di omogeneità di intenti da parte dell’Unione Europea. I Paesi membri sembrano infatti ancora divisi in merito ad alcuni temi di particolare importanza come – su tutti – le modalità di risoluzione della crisi economica greca.
Inoltre, non tutti i 27 membri hanno sottoscritto l’accordo. Si sono tirati fuori dalle regole del Fiscal Compact – come era prevedibile alla vigilia – la Gran Bretagna, e le Svezia (quest’ultima, per “ragioni parlamentari” prevalentemente riconducibili alla scarsa maggioranza di cui gode il premier locale).
Soddisfatto per l’intesa il presidente dell’Unione Europea Herman Van Rompuy, che ha sottolineato come, comunque, “l’accordo a 25 è un grande risultato, considerato che la Ue è composta da 27 stati membri”. Positive anche le dichiarazioni di Mario Draghi, presidente Bce, che ricorda come “il fiscal compact è un primo passo verso l’Unione fiscale” e come “certamente rafforzerà la fiducia nella zona dell’euro”.
Tra le più importanti misure approvate nel Fiscal Compact, l’elevazione a “regola d’oro” del principio del pareggio di bilancio: con l’approvazione del nuovo patto, in altri termini, i Paesi membri hanno accettato di inserire l’obbligo del pareggio dei conti pubblici nelle Costituzioni nazionali o in leggi aventi uguale rango, impegnandosi altresì a far scattare conseguenti sanzioni in caso di violazione. I Paesi con debito superiore al tetto fissato da Maastricht nel 60% del Pil si sono inoltre impegnati ad un piano di rientro pari a un ventesimo l’anno, tenendo conto dei fattori previsti dal six-pack, il pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica.
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