Nel suo periodico aggiornamento sul Fiscal monitor, il Fondo Monetario Internazionale ha affermato che l’ampio spread che separa il rendimento dei titoli di Stato italiani da quelli tedeschi è ingiustificato almeno per quanto concerne 200 punti, che non sarebbero pertanto supportati dalla scarsa qualità degli elementi di lungo termine del bilancio e dell’economia del Paese. In altri termini, lo spread – che da tempo oscilla tra 400 e 500 punti – è per buona parte influenzato da elementi non strutturali.
In altri termini ancora, lo spread sarebbe in discreta quota figlio di un atteggiamento speculativo sul Paese, visto e considerato che non riflette il reale rischio di investire in Italia. Lo spread è infatti il differenziale che rappresenta quanto occorre remunerare in più un investitore in debito pubblico italiano, rispetto a quanto avviene nei confronti del debito tedesco, considerato – a ragione, ma pur con certi limiti – quale controparte più solvibile del vecchio Continente.
Ebbene, il Fondo Monetario Internazionale si dice convinto che solo poco più della metà dello spread dipenda dall’economia italiana: Pil, debito pubblico, deficit pubblico, tasso di disoccupazione, tasso di occupazione, bilancia commerciale, produzione industriale, indice dei prezzi al consumo e dei prezzi alla produzione, indice dei beni durevoli sono certamente variabili macroeconomiche in grado di influenzare negativamente il differenziale.
Eppure c’è altro e, almeno a quanto afferma l’istituto guidato da Lagarde, tanto altro. Per l’istituzione internazionale, quanto sta accadendo è la conferma che il differenziale di rendimento dei titoli di Stato italiani con quelli tedeschi è frutto di un atteggiamento speculativo, che potrebbe altresì tradursi in un comportamento di lungo termine sul debito italiano. E se le variabili macroeconomiche non saranno sufficientemente positive da contrastare le nubi intorno a Roma, è probabile che l’estate 2012 possa tramutarsi in un bagno di sangue per la remunerazione del debito sovrano.