Secondo quanto affermano alcune recenti indagini compiute sul settore bancario americano, nel corso del 2012 i sei più grandi istituti di credito degli Stati Uniti avrebbero ottenuto il miglior risultati dal picco toccato nel corso del 2006, quando i profitti toccarono quota 83 miliardi di euro. E, nonostante i risultati previsionali per il 2013 siano ancora ottimistici, Wall Street non sembra essere pienamente convinta dal futuro a breve e medio termine del settore creditizio.
La Repubblica, nella sua edizione online, ricorda come da sole le sei più grandi banche degli Stati Uniti abbiano appena stracciato il record di profitti dal 2006. L’utile netto guadagnato nei 12 mesi terminati il 30 giugno 2012, infatti, hanno consentito a Bank of America – principale istituto di credito statunitense – di battere la redditività conseguita da Walt Disney e McDonald’s, mentre Citigroup è riuscita a fare meglio di Caterpillar e Boeing.
“La prestazione degli istituti statunitensi – per l’esattezza 63 miliardi di dollari – è inferiore soltanto a quella del 2005 (68 miliardi) e al picco di 83 miliardi del 2006” – dichiara il quotidiano – “I guadagni più alti li ha registrati Jp Morgan, la prima banca americana per asset. Per festeggiare – e l’aneddoto rende l’idea del successo – ha regalato ai suoi dipendenti (distribuiti in India, Filippine, Usa e Regno Unito) più di 160mila confezioni di cioccolata, caramelle e “cookies” d’ogni sorta. Il generoso dono è costato circa 130mila dollari, quanto Jp Morgan ha guadagnato ogni 3,4 minuti del secondo trimestre”.
Eppure, i numeri positivi non sembrano essere abbastanza ottimali per soddisfare gli investitori americani. “Quei milioni di dollari non bastano, secondo una fitta schiera di analisti e manager americani intervistati dall’agenzia Bloomberg” – si aggiunge – “Dietro la delusione, ci sono ritorni sul capitale pari a un terzo rispetto al 2006, tagli ai posti di lavoro (circa 40mila nel complesso), quotazioni in Borsa inferiori al valore netto delle attività, fabbisogno di capitale troppo alto e lo sfondo della crisi europea del debito sovrano”.