Il gruppo Tata cambia la persona in cima al suo top management. La notizia, in Italia archiviabile come una mera cronaca societaria, ha avuto in India uno straordinario risalto, visto e considerato che Ratan Tata è considerato a tutti gli effetti l’industriale di maggior spicco del subcontinente indiano, e che negli oltre 20 anni di comando è riuscito a trasformare il gruppo in uno dei maggiori player mondiali nel campo delle auto, della chimica, e di tanto altro ancora.
Nei 21 anni in cui ha avuto la presidenza del gruppo – commentava la Repubblica pochi giorni fa – “Tata è riuscito ad accrescerne la dimensione di 51 volte, con un ritmo di sviluppo del 21,7% annuo, fino a portarlo a 100 miliardi di dollari di valore. Nel giorno forse più importante della sua vita, dopo quel 23 marzo 1991 in cui J.R.D. Tata gli comunicò di averlo scelto come suo successore, Ratan è rimasto “nascosto” nella sua residenza di vacanze a Pune, senza partecipare a cerimonie particolari e limitandosi a inviare una lettera di congedo a tutti i dipendenti del gruppo in cui afferma che “la difficile situazione economica che abbiamo affrontato quest’anno continuerà probabilmente per gran parte del 2013”. Poco amante dei salotti e del jet-set, Tata, di origine parsi e di religione zoroastriana, ha sempre mantenuto un profilo basso, anche se talvolta si è mostrato audace, come quando nel febbraio 2011 si è trasformato in un top gun pilotando un F18 Super Hornet nei cieli di Bangalore”.
Nonostante la sua proverbiale riservatezza, Tata non si è posto scrupoli nel porre in essere una duplice strada di sviluppo legata alla crescita interna e a qualche acquisizione di lusso, come le acciaierie Chorus, comprate per 7,6 miliardi di dollari, o il più noto (almeno da noi) gruppo Jaguar Land-Rover (per 2,6 miliardi di dollari).
Anche se lontano (apparentemente) dal timone del gruppo, è probabile che Ratan Tata possa accompagnare ancora per qualche anno la guida della società, rendendo il passaggio del testimone meno traumatico per gli stakeholders.