La Bank of Japan (Boj), banca centrale dell’arcipelago nipponico, ha deliberato nuove iniziative per cercare di incrementare la liquidità presente sui mercati. Una mossa non del tutto inattesa, favorita anche dalla presenza di un contesto finanziario certamente più benevolo rispetto a quello riscontrato negli ultimi tempi. L’istituto ha anche colto l’occasione per rinnovare i propri target macroeconomici, e lasciar così intendere come ritiene di comportarsi nel prossimo futuro.
In particolare, il target sull’inflazione è stato fissato al 2 per cento, come peraltro più volte richiesto dal premier Shinzo Abe nelle sue dichiarazioni volte a scoraggiare il consolidamento della deflazione. “L’istituto centrale, al termine del board di due giorni” – ricordava in proposito Il Sole 24 Ore – “ha mantenuto i tassi allo 0-0,1%, approvando la nota congiunta sulla deflazione firmata col governo che si impegna a “seguire strategie di crescita” e a ripristinare “la salute dei conti pubblici”” (vedi anche Borsa di Tokyo sui massimi a 9 mesi con nuovo governo Abe).
Al termine della giornata che ha visto co-protagonista la banca giapponese, la Borsa di Tokyo ha ceduto 0,35 punti percentuali, a margine di una seduta di grande volatilità, contraddistinta proprio dalle affermazioni della Banca centrale locale, che hanno ricalcato le speranze del primo ministro nipponico.
Oltre a quanto sopra, la Banca del Giappone ha altresì lasciato comprendere che interverrà ancora in maniera decisiva sui sistemi finanziari, andando ad acquistare nuove ondate di titoli di Stato, e asset considerati relativamente sicuri, senza fissare una scadenza determinata (vedi anche Nikkei sui massimi a 8 mesi dopo elezioni politiche).
Intanto, non accenna a placarsi quanto il numero 1 del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, ha definito come una nuova, potenziale, guerra delle valute. Sembra infatti sempre più palese l’atteggiamento di Fed e Boj (o, in generale, Stati Uniti e Giappone), in lotta per cercare di svalutare le proprie monete in tempi più rapidi, e senza scossoni evidenti. Una lotta che potrebbe vedere “vittima” sacrificale proprio il meno solido euro.