Il 2013 si è aperto con un dibattito molto acceso su quella che viene chiamata la “guerra delle valute”. L’antefatto è riconducibile alla politica monetaria ultra-accomodante del Giappone, che da novembre scorso ha cominciato a svalutare la propria moneta per dare slancio all’economia nazionale in difficoltà. La guerra valutaria nasce da una polemica sulla politica dei tassi di cambio, che alcuni paesi tendono a influenzare con decisione attraverso manovre monetarie non convenzionali suscitando il malcontento dei paesi che invece non adottano queste strategie.
Il Giappone ha quindi riscoperto la cosiddetta “svalutazione competitiva” del tasso di cambio. In realtà il paese del Sol Levante non ha mai dichiarato apertamente di voler indebolire la propria valuta, ma solo di voler combattere la deflazione e rilanciare le esportazioni. Il nuovo esecutivo nipponico, insediatosi dopo la vittoria delle elezioni politiche del 16 dicembre 2012, ha subito messo in chiaro che il paese aveva la necessità di sottrarsi dalla morsa della deflazione e quindi di lanciare un massiccio piano di stimolo economico.
Il nuovo premier giapponese, il nazionalista Shinzo Abe, ha iniziato a fare maggiore pressioni sulla Bank of Japan per chiedere l’aumento del target di inflazione al 2% e per lanciare un piano di stimolo monetario da 13mila miliardi di yen al mese a partire dal primo gennaio 2014. La reazione sui mercati valutari è stata molto decisa: lo yen ha cominciato a svalutarsi con forza nei confronti di tutte le principali monete mondiali. Il tasso di cambio euro/yen, che ad inizio novembre scorso valeva 100, è salito fino a 127,70 a inizio febbraio rivalutandosi di oltre il 27%.
Il cambio dollaro/yen è passato nello stesso periodo da 79 a 94,50 circa, per una rivalutazione pari a quasi il 20%. La svalutazione dello yen ha creato i presupposti per l’inizio di polemiche sulla gestione dei tassi di cambio. Il presidente francese Francois Hollande ha chiesto all’Europa di intervenire per evitare un’eccessiva ascesa del cambio dell’euro. Tuttavia, Mario Draghi ha bollato l’argomento affermando che la guerra valutaria non esiste. Dal G-20 di Mosca, tenutosi a metà febbraio, sono arrivate indicazioni simili. Il G-20 non ha fermato la svalutazione dello yen, ma nemmeno le polemiche dei politici europei insoddisfatti per l’elevato valore raggiunto dall’euro.