Ferrero può guardare con soddisfazione ad un futuro sempre più internazionale. Contrastando un andamento non brillantissimo della domanda interna, infatti, il gruppo alimentare può ritenersi soddisfatta di poter bilanciare territorialmente il proprio giro d’affari, che oramai proviene per oltre tre quarti dall’esterno dei confini nazionali. Un bilanciamento che ha consentito alla società di chiudere il bilancio con un fatturato in decisa crescita.
La Ferrero International, holding lussemburghese che controlla il gruppo Ferrero, ha infatti approvato il bilancio di gruppo (che comprende 69 società consolidanti) rilevando un fatturato in crescita dell’8 per cento rispetto al periodo precedente, a quota 7,795 miliardi di euro. L’utile prima delle imposte è invece cresciuto del 2,5 per cento a 878 milioni di euro (vedi anche Ferrero salva il brand Kinder).
“Nonostante il permanere del difficile contesto internazionale e il perdurante rallentamento dei consumi alimentari in alcuni mercati europei, il gruppo Ferrero è riuscito a rafforzarsi ulteriormente” – spiega l’azienda in un comunicato, che poi sottolinea come a giocare un ruolo determinante nello sviluppo aziendale sia stata l’espansione internazionale, “con eccezionali risultati in Asia, Stati Uniti e Russia. Oltre che del costante sforzo di innovazione, ricerca e sviluppo”.
E di fatti, per avere un’idea di quanto importante sia stato lo sviluppo estero, sia sufficiente dare uno sguardo ai dati di conto economico. Il risultato italiano (cioè, quello relativo alla consociata di gruppo) porta il fatturato in incremento a 2,55 miliardi di euro, in aumento dell’1,9 per cento, e con una quota estero di 749 milioni di euro. Sicuramente più dinamica la crescita internazionale (vedi anche Ferrero, Raffaello: vinta nuova battaglia in Ucraina).
Stando a quanto affermato dall’amministratore delegato Giovanni Ferrero, i risultati sono più che positivi “se si considerano la difficoltà del contesto economico internazionale con un trend di crescita nei prezzi delle principali materie prime, dei materiali di imballo e dell’energia che non si sono integralmente recuperati attraverso il ritocco dei prezzi di vendita”.