Senza usare mezzi termini, il presidente della Bce Mario Draghi ha ricordato come la produttività italiana sia praticamente ferma da 10 anni, ponendo così il BelPaese alle spalle di Portogallo e Spagna, le cui prestazioni non sono certamente brillanti. Di fatti, posto il 1999 uguale a 100, l’Italia nel 2012 presentava un indice di produttività maggiore di soli 2 punti.
Insomma, l’Italia in 13 anni avrebbe “guadagnato” solo 2 punti di produttività, subendo così una perdita relativa nei confronti di Francia e Germania di addirittura 7-8 punti. Un’emorragia di produttività che – come abbiamo già ricordato – ha posto il Paese anche dietro la Spagna.
Di contro, lo stipendio per impiegato da noi risulterebbe esser cresciuto del 40% (ma c’è qualcuno che se ne è accorto?) contro la metà della Germania. Il costo del lavoro crescente e la produttività praticamente ferma rappresenta uno dei principali problemi per l’economia italiana. Ma quale potrebbe essere la soluzione per rilanciare lo stallo nazionale?
La soluzione proposta – ricordava il quotidiano Il Sole 24 Ore citando il Draghi – pensiero è “quella di mettere mano ai contratti di lavoro”, almeno – si legge nelle slide di presentazione della Bce – “per quei paesi dove sono più pressanti i problemi di competitività, affrontando in generale i temi dei mercati del lavoro e dei prodotti, per valutare la loro compatibilità con la partecipazione dei paesi all’unione monetaria” (vedi anche il nostro articolo sull’andamento del debito pubblico gennaio 2013).
“Altro elemento da sbloccare per il presidente della Bce è il credito” – concludeva poi il quotidiano – “e anche in questo caso l’Italia non è in buone condizioni, con gli ultimi dati che vedono un calo di prestiti del 2,8% su base annua mentre per Francia e Germania il dato è positivo e solo la Spagna, tra i “big” continentali, riesce a fare peggio di noi. Se il razionamento è evidente, altrettanto chiaro è il gap in termini di costi, dove i nuovi prestiti inferiori al milione di euro costano quasi il 4,5% alle imprese italiane, il 50% in più rispetto ai tassi di interesse paraticati in Francia e Germania”.