L’aumento di capitale di Rcs è un tassello fondamentale nella lunga strada che dovrebbe conseguire una forte ricapitalizzazione del gruppo. Un’operazione da 400 milioni di euro, parte integrante del progetto di rafforzamento di 600 milioni di euro che il consiglio di amministrazione guidato da Pietro Scott Jovane vorrebbe portare a termine entro il 2015. Ma quali saranno le conseguenze per coloro che decideranno di non sottoscrivere l’incremento di capitale?
Secondo quanto scriveva MF-DJ, l’operazione (che partirà tra il mese di giugno e quello di luglio) avrà un effetto diluitivo molto alto per gli azionisti che decidessero di non partecipare. “In altre parole” – ricordava la nota – “chiunque deciderà di non seguire l’aumento di capitale, sia questo uno dei grandi soci (dentro o fuori dal patto di sindacato) o un piccolo azionista, vedra’ completamente azzerato il valore del proprio investimento. Lo sconto sul Terp (il prezzo teorico del titolo prima dello stacco del diritto d’opzione) sara’ fissato a ridosso dell’avvio dell’offerta, contestualmente al rapporto di emissione delle nuove azioni, ma secondo le prime valutazioni raccolte negli ambienti vicini ai grandi soci potrebbe essere superiore al 50%” (qui le prossime riunioni del cda di Rcs).
Una conseguenza che pone pertanto l’azionista di Rcs dinanzi a una scelta pressochè definitiva. Il tutto, mentre è stato approvato il piano di sviluppo 2012 – 2015 che prevede ricavi stabili a parità di perimetro, a 1,5 miliardi di euro. Se il giro d’affari complessivo rimarrà identico, lo stesso non si può invece dire per la sua composizione interna, visto e considerato che il top management sembra voler puntare decisamente sulle attività digitali, il cui peso dovrebbe crescere nel triennio oltre il 20% (contro l’attuale 9%).
I ricavi digitali dovrebbero pertanto crescere di 170 milioni di euro, mentre saranno 160 i milioni di euro di investimenti. L’indebitamento netto dovrebbe inoltre diminuire in virtù delle cessioni per 250 milioni di euro.