Telecom Italia ha dato ufficialmente il via allo spin-off della rete fissa, ma allo stesso tempo non ha chiuso le porte al conglomerato angllo-cinese Hutchinson Whampoa con il quale continuerà a discutere peer una possibile integrazione con 3Italia. Nonostante le voci di una fusione siano particolarmente allettanti per gli operatori di mercato, i riflettori si spostano senza dubbio sul progetto di separazione della rete che era in cantiere ormai da un anno. Qualche mese fa si era già parlato di un possibile ingresso di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) nella società della rete d’accesso.
Ieri a Piazza Affari il titolo Telecom Italia ha chiuso con un rialzo dell’1,74% a 0,6125 euro, ai massimi da oltre due settimane dopo che il 3 aprile i prezzi erano scesi clamorosamente in area 0,53 euro sui livelli più bassi da circa 15 anni. L’affaire 3Italia sembra essere molto intrigante, ma il gruppo che fa capo al tycoon di Hong Kong, Li Ka-shing, ha intenzione di conquistare una quota rilevante per diventare un socio di riferimento in Telecom Italia.
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La proposta dei cinesi coinvolge, quindi, il piano dell’azionariato. A tal proposito il consiglio di amministrazione di Telecom Italia ha deciso di affiancare al presidente esecutivo Franco Bernabè un comitato composto da quattro consiglieri (o “saggi”): Gabriele Galateri, presidente del gruppo Generali Assicurazioni (primo socio italiani in Telecom Italia); Julio Linares, che rappresenterà il socio spagnolo Telefonica; Elio Catania, presidente del comitato controlli interni, indipendente per la quota Intesa Sanpaolo; Luigi Zingales, consigliere indipendente in rappresentanza dei fondi.
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Si tratta di un mandato esplorativo, che servirà per valutare le condizioni per l’eventuale avvio di una trattativa in stato avanzato con H3G. Il lavoro di “esplorazione” non dovrebbe superare le due settimane. Secondo il colosso anglo-cinese Hutchinson Whampoa, l’integrazione tra Telecom Italia e 3Italia dovrebbe essere realizzata con uno scambio di azioni. H3G vuole essere il socio di riferimento, con una quota però inferiore al 29,9% per evitare l’Opa, altrimenti declinerà il suo interesse. Con un’operazione del genere Telecom Italia avrebbe il 45% del mercato della telefonia mobile in Italia e quel punto bisognerà ascoltare anche il parere dell’Antitrust.