Trattamento di fine rapporto in busta paga: conviene o non conviene? La novità contemplata dalla nuova legge di Stabilità, fiore all’occhiello della manovra Renziana, fa discutere. Entro quali limiti può permettere un aumento di potere d’acquisto per i dipendenti? Oltre quale soglia è sconveniente? Quale è la sua ‘tassazione’?
In primo luogo è bene interrogarsi su chi può richiederlo. La richiesta è del tutto volontaria, e potrà essere inoltrata dai dipendenti pubblici e dai dipendenti privati a patto che siano sotto contratto da almeno sei mesi. Non possono richiederlo i domestici, i lavoratori in cassa integrazione e i lavoratori del comparto agricolo.
Cosa ne sappiamo al momento? Questi i risultati dei primi studi:
Per i redditi sotto i 28.650 euro, cioè la soglia al di là della quale scatta l’aliquota al 38%, sarebbe meglio starne alla larga, mentre per gli step inferiori potrebbero trarne beneficio in particolare per la minore tassazione dello stipendio. Va sottolineato, infatti, che l’intento del governo è quello di assoggettare l’anticipo del Tfr alla fiscalità ordinaria, dunque mantenendo le aliquote Irpef invariate. E qui casca l’asino. Poiché, se davvero si tratterà di un aumento di stipendio sul denaro già accumulato e messo da parte del contribuente, allora su di esso l’Inps potrà avanzare richiesta sulla contribuzione previdenziale, al lordo delle ritenute fiscali. A questo proposito, insomma, se è intenzione del lavoratore richiedere l’anticipo del Tfr, sarà sua cura informarsi delle eventuali pretese avanzate dall’Inps al datore di lavoro, che, in ogni caso, andranno comunicate per iscritto entro i limiti del 70 del trattamento, e non oltre il 4% dei dipendenti in azienda.
Al fine di scongiurare tale eventualità, la quale potrebbe cambiare in maniera totale il quadro, sarà possibile chiedere una deroga dalle contribuzioni in base alle sentenze che stabiliscono come la tassazione sulle anticipazioni possa essere emendata, previo un’intesa tra le due parti.