Tutto, o quasi, gravita intorno all’attesissimo rimbalzo del prodotto interno lordo.
Anche il presso degli Npl, i non performing loans, ovvero i crediti deteriorati che sono un peso nei bilanci delle banche italiane.
Le banche italiane, infatti, vorrebbero liberarsene ma le loro quotazioni non sono molto positive. Se nel 2015 dovesse verificarsi una crescita pari allo 0,5% del prodotto interno lordo, anche sul prezzo degli Npl ci sarebbe un impatto positivo. Questo è il parere degli addetti ai lavori. Come ripetuto spesso dagli esperti, l’acquisto di un credito deteriorato porta con sé il rischio che il credito si deteriori sempre di più: ovvero che si tratti di un credito non rimborsabile neanche in parte.
E se l’economia non gira, il rischio naturalmente cresce. Così, si spiega un altro anno decisamente interlocutorio per il mercato dei non performing loans. Appena tre miliardi di cessioni durante i primi sei mesi dell’anno, come registrato da Pwc, con le banche alle prese con aqr e stress test. Tutto è rimasto invariato dal luglio scorso.
Pensare che non manca la merce da cedere. A fine ottobre, anzi, le sofferenze lorde del sistema bancario italiano hanno quasi toccato la quota di 180 miliardi, oltre trenta miliardi in più rispetto a un anno fa. Se si sommano, inoltre, gli incagli e altre linee non performing, si arriva oltre i 300 miliardi. Di questi almeno 50 risulterebbero potenzialmente in vendita, incrociando le numerose stime in circolazione.
Tutta questione di prezzi. Non manca un numero alto di prosumer, ma quanto è messo in vendita è inferiore al prezzo a cui le banche sono disposte a cederlo.