Quando un’azienda desidera quotarsi in borsa, deve fronteggiare numerosi fattori. In primo luogo è necessario sapere che i costi della quotazione sulle Borse cambiano in base al capitale che viene raccolto.
Tuttavia, tra le spese l’onere maggiore è rappresentato dal servizio delle banche che seguono l’operazione.
Successivamente ci sono i costi legali e i costi dei revisori. Non bisogna dimenticare i costi per Borsa Italiana e Consob. Indicativamente, dunque, una Ipo costa intorno al milione di euro. Anche restare quotati ha un costo: esso varia da un minimo di 130.000 euro fino a un massimo di 3 milioni di euro. Sono voci di spesa legate alle tariffe annuali di listing, ai costi di Borsa spa, di Consob per l’attività di vigilanza emittenti, piuttosto che costi legati all’investor relator e agli studi legali.
In ogni caso, più che i costi andrebbero osservati i vantaggi. Una società quotata può utilizzare il mercato azionario anche in un momento successivo all’Ipo per operazioni di finanza straordinaria come ad esempio aumenti di capitale ed emissione di bond.
Le pmi, per di più, hanno la possibilità di quotarsi con una corsia preferenziale. Di cosa si tratta? Di un mercato che richiede meno requisiti per farne parte e accedervi. Per avere ingresso all’Aim Italia, infatti, non richiesta una capitalizzazione minima. Inoltre, il flottante minimo è il 10% e non vi sono obblighi di corporate governance da adempiere. Non vi è necessariamente bisogno del prospetto informativo e neanche dell’istruttoria della Consob.
Così, l’organico non si appesantisce più di tanto. L’unica figura professionale indispensabile, per la precisione, è quella del direttore finanziario. Egli può fare anche da investor relator.