Il Governo discute l’ipotesi del bollo auto. Un’opzione sulla quale si riflette da mesi. Ma le conseguenze non vanno sottovalutate.
La compensazione dell’intero gettito perduto, superiore a sei miliardi con l’abrogazione, potrebbe avvenire mediante un incremento delle accise per 16 centesimi al litro sul carburante.
Eliminare il bollo auto, pertanto, non implicherebbe un risparmio automatico. Questa tassa verrebbe pagata diversamente a (minuscole) rate facendo benzina.
Più che l’abolizione di una tassa si innesterebbe un processo di redistribuzione del carico fiscale a svantaggio di determinate categorie. Per alcune questo procedimento implicherebbe un aggravio dell’onere: i titolari di auto di grossa cilindrata e gli automobilisti che ogni anno percorrono un altissimo numero di chilometri sarebbero quelli maggiormente penalizzati. Perché?
Le prime consumano di più al litro e i secondi devono fare carburante più di frequente. Ne conseguirebbe, stando ai calcoli della Cgia di Mestre, che chi ha attualmente una macchina a gasolio di 1.900 di cilindrata e che, dunque, paga 227 euro di bollo, inizierebbe a rimetterci dopo appena 20.000 km all’anno.
Entrando nel dettaglio, il discorso risulterebbe un po’ più complesso di quanto si verifichi a un’analisi superficiale: le auto di minore cilindrata, verosimilmente di proprietà degli automobilisti con redditi meno alti, rischiano di essere anch’esse tra le svantaggiate dalla misura, perché se è vero che consumando relativamente di meno, si sobbarcherebbero di meno del maggiore peso delle accise, è altrettanto vero che si tratta di quei veicoli che oggi versano un bollo più basso e la cui abrogazione, dunque, inizierebbe a non essere più conveniente anche con un numero di km percorsi medio-basso.