Se da una parte, la Commissione Europea chiede all’Italia di correggere i suoi conti per rispettare i parametri di Maastricht, dall’altra non riesce ad essere credibile con molti altri paesi, che hanno violato più volte, e in forme più accentuate, il famoso rapporto del 3%, divenuto oramai più un fardello, in tempi di crisi economica, che una garanzia di stabilità. Il nostro paese si è addirittura comportato molto meglio di paesi come la Francia e la Spagna, a cui sono state contestate ben otto violazioni del rapporto, con le tre del Belpaese. Oramai l’Europa si avvia verso una fase in cui dovrà necessariamente concedere più flessibilità, e i tempi dell’austerità sembrano ormai un dogma condiviso da pochi analisti, mentre la maggior parte degli economisti si sono convertiti ad un modello di più larghe vedute, per evitare la catastrofe e la disgregazione europea. Se la UE non farà dei passi in questo senso, ci penseranno i governi nazionali, che prima o poi saranno conquistati dai movimenti no-euro, sempre più convincenti delle imposizioni della troika, che stanno portando la Grecia nel baratro. Le continue violazioni di tutti i paesi, del parametro 3%, ne sono la conferma. Nessuno riesce a rispettare un parametro pensato in tempi di vacche grasse. Spagna, Regno Unito e Francia hanno violato 8 volte il parametro, Grecia, Croazia e Portogallo 7 volte. È ora che la UE si renda conto che l’economia non è una formula matematica, ma un’analisi continua dei periodi economici, con ricette diverse per ogni esigenza.