Rispetto al rating del nostro paese è considerabile ancora “oro”: ciò non toglie che il downgrade del rating della Cina da parte di Moody’s da Aa1 ad A3 abbia scosso e non poco i mercati internazionali, dato che tra l’altro si parla di un outlook che va da stabile a negativo.
Qualcosa che non accadeva da almeno 25 anni da parte di una qualsiasi agenzia di valutazione sull’economia cinese, e che arriva a margine di un periodo sul lungo termine caratterizzato da una crescita incredibile che ha portato negli anni all’uscita dalla soglia di povertà di oltre 600 milioni di persone. E’ il primo reale cambio di giudizio, tra l’altro, espresso da una delle tre grandi agenzie di rating internazionale che sappiamo essere S&P, Moody’s e Fitch. Ovviamente la prima domanda che si si pone è quella se tra la triade anche S&P deciderà di seguire l’esempio della collega: in questo caso vi è tra l’altro il precedente dell’outlook negativo sulla Cina già dal febbraio 2016. Questo, è innegabile, potrebbe aver già gettato le basi per un giudizio in negativo rispetto al passato e questo nonostante il fatto che S&P abbia in questo caso “in attivo” un rating maggiormente positivo rispetto alle altre due. Da cosa nasce il taglio del rating da Aa3 ad A1? Ecco cosa spiega l’agenzia:
Anche se i progressi in corso nelle riforme probabilmente trasformeranno l’economia e il sistema finanziario nel tempo, non è plausibile impedire un’ulteriore crescita materiale del debito in economia e il conseguente aumento nelle sopravvenienze passive per il governo.
E la Cina? Non ha reagito benissimo parlando di come i fattori esaminati, “sovrastimano le difficoltà dell’economia cinese e sottostimano le capacità della Cina di rafforzare le riforme strutturali sul lato dell’offerta e di espandere la domanda nel suo complesso“.