Israele è ormai il paese delle start-up, con circa 8mila aziende nate negli ultimi anni, di cui il 33% a Tel Aviv. Un paese delle start-up riescono a nascere, e nel 4% dei casi ad evolvere in aziende solide. Una percentuale che potrebbe sembrare bassa, ma che in realtà è di gran lunga più alta che negli altri paesi. Infatti, negli Stati Uniti, questa percentuale si riduce drasticamente al 1%. Se poi si confronta la popolazione tra i due paesi, il dato è ancora più evidente. Israele ha 8,5 milioni di abitanti, gli Stati Uniti 323 milioni.
Per gli economisti Singer e Senor è tutto merito del settore militare israeliano, impegnato in un continuo conflitto, con la leva obbligatoria di due anni. Questo porterebbe molti investimenti nel settore, che poi si rifletterebbero anche nel settore civile. Poi l’immigrazione verso il paese da tutto il resto del mondo di persone di religione ebraica, che porta cervelli verso Israele. Un fenomeno questo, che viene spiegato con la maggiore intraprendenza di chi, lasciando tutto, ha maggiore predisposizione al rischio.
In Israele si sono formate molte start-up di successo, che oggi valgono parecchi miliardi, alcune vendute alle grandi multinazionali, altre che proseguono per la loro strada. Waze è stata pagata da Google 1,15 miliardi, ma è solo la punta dell’iceberg. La legislazione israeliana favorisce le start-up, e il paese accoglie chiunque volesse operare nel settore.