Mario Draghi esprime ancora cautela su una potenziale fine del quantitative easing in Europa, ricordando a tutti che uno dei punti chiave per la sua cancellazione rimane ancora il livello di inflazione giusto per iniziare a rivedere il programma.
Non è una novità che la Banca Centrale Europea punti al raggiungimento dell’obiettivo del 2% prima di cambiare il suo approccio nei confronti dell’acquisto dei titoli di Stato delle nazioni europee. E’ senza ombra di dubbio palese che l’economia sia cresciuta con maggiore velocità rispetto all’anno precedente, ma questo non può e non deve far pensare ad analisti ed investitori che “il lavoro sia finito“.
Dobbiamo vedere un aggiustamento della traiettoria dell’inflazione verso il nostro obiettivo del 2%.
E’ questa la condizione base, senza contare che non si può fare finta che non esistano Donald Trump e la sua politica protezionistica con conseguenti ripercussioni. E’ per questo motivo che la BCE ha confermato ancora una volta che rimarrà vigile in attesa del momento in cui i prezzi cresceranno in modo soddisfacente. Il piano di acquisto dei bond è già calato e dovrebbe concludersi a settembre ma non per questo non verranno messi in atto gli aggiustamenti ritenuti necessari.
Niente traumi quindi ma una corretta gestione dell’acquisto dei titoli di Stato graduale nel suo scemare: si eviterà lo scaricare dei titoli per non turbare i mercati ma accompagnare l’Eurozona verso un percorso di crescita anche dopo la fine del quantitative easing.
Il problema maggiore? I dazi di Donald Trump ed i loro effetti sul lungo termine e una possibile crescita incontrollata dell’euro insieme alla necessità di abbattere la volatilità dei tipo di occupazione negli Stati membri.