Sembra proprio che sugli NPL o crediti deteriorati la BCE abbia deciso di andarci leggermente più morbida rispetto al passato: almeno è quello che si evince dall’addendum dell’Organismo di Vigilanza della Banca Centrale Europea che apre ad un trattamento leggermente più morbido.
La nuova proposta prevede infatti sempre che le banche debbano impiegare tra i 2 ed i 7 anni per svalutare gli Npl con una specifica: su quelli garantiti, però, si potrà cominciare con un 40% a partire dal terzo anno. Importante: queste nuove regole verranno applicate sui crediti classificati come deteriorati dal primo aprile 2018. Ricapitolando:
- 7 anni di tempo per mettere da parte accantonamenti sufficienti a coprire il 100% degli Npl garantiti.
- 2 anni per quelli non garantiti.
La progressione “suggerita” dalla BCE è la seguente:
- il 40% di copertura il terzo anno;
- il 55% il quarto anno
- il 70% il quinto anno
- l’85% il sesto anno
- il 100% il settimo anno.
Si tratta comunque di approcci che verranno poi rivisti in caso di necessita per ogni singola banca.
Secondo Equita, che fece questo calcolo ai tempi del primo annuncio sulla stretta dei crediti deteriorati, le banche italiane potrebbero trovarsi a dover “trovare” fino a 1,3 miliardi di euro l’anno, ovvero circa 9 miliardi di nuovi accantonamenti nei prossimi sette anni. A cosa potrebbe portare questo? Ad una svendita degli NPL a vantaggio dei fondi speculativi internazionali che li vorranno comprare.
Un altro punto dell’addendum importante di cui parlare è relativo ad una specifica polemica: perché la Banca Centrale Europea è tanto fissata con gli NPL e non si preoccupa dei rischi derivanti da quelli considerati i “derivati tossici”, soprattutto di competenza francese e tedesca?