Lo spread BTP-Bund nelle ultime settimane è tornato a conquistare le prime pagine dei giornali italiani, trainato dall’incertezza politica in cui il Paese è rimasto costretto da marzo in avanti. L’avanzata dei populismi, le minacce di uscire dall’Euro, la mancanza concreta di un governo, hanno avuto un effetto molto pesante sull’immagine finanziaria internazionale dell’Italia, un’Italia che, in ambito di gestione politica, da mesi si occupa di ordinaria amministrazione, mentre la Commissione Europea chiede di portare avanti misure correttive sui conti pubblici da 3 miliardi e mezzo di euro.
“Davanti a un quadro così instabile – spiegano da Genève Invest, società indipendente di gestione patrimoniale con sede a Lussemburgo e Ginevra – non era difficile immaginare che i mercati finanziari avrebbero, alla lunga, penalizzato questo contesto, attaccando il fronte più sensibile, vale a dire i titoli di Stato. Oggi sappiamo bene tutti, dopo la crisi del 2011, come l’indicatore spread BTP-Bund indichi la differenza tra il rendimento delle obbligazioni governative decennali italiane e le medesime obbligazioni tedesche. Ebbene – analizza Neri Camici di Genève Invest – basta confrontare il nostro spread BTP-Bund, oggi stabilmente sopra quota 200, con quello spagnolo, ben al di sotto di quota 150 nonostante la recentissima crisi di governo, o con quello portoghese, anch’esso stabilmente intorno al margine di 100, per capire le difficoltà sistemiche italiane.”
Cercando di sintetizzare e semplificare il quadro, ciò che succede è che ad oggi le entrate italiane, composte principalmente dalla raccolta fiscale, non pareggiano le uscite. Per questo motivo il governo, con l’obiettivo di tenere i conti in equilibrio, emette obbligazioni di Stato, in pratica dei “pagherò” che vengono affiancati al debito pubblico.
Si tratta di una pratica finanziaria comune a tutti i paesi del mondo: più ampia è la durata di queste obbligazioni, più alti sono gli interessi.
La questione diventa concreta quando le obbligazioni scadono e devono essere pagate, aggiungendo gli interessi.
In questo momento le obbligazioni italiane pagano un interesse maggiore del 3% rispetto a quelle tedesche, e quasi un 1,5% in più rispetto a quelle spagnole. Si tratta di maggiorazioni che, tecnicamente, vengono intese come “premio di rischio”, dunque un’eccedenza corrisposta come riconoscimento per aver investito su un mercato meno stabile.
In che modo questo meccanismo coinvolge famiglie, risparmiatori ed investitori? Lo abbiamo chiesto proprio agli analisti di Genève Invest.
“Se i mercati non si stabilizzano, si ha un aumento costante dei tassi di interesse – spiega da Lussemburgo Neri Camici di Genève Invest – e a quel punto si sviluppa una reazione a catena per cui, da un lato il costo dell’indebitamento aumenta, dall’altro i fondamentali del Paese si deteriorano ulteriormente, minando la fiducia degli investitori. Ciò, a sua volta, implica un ulteriore incremento del costo dell’indebitamento, creando un circolo vizioso dagli effetti potenzialmente devastanti. A cascata, le conseguenze si materializzano in un aumento dei tassi d’interesse sui mutui, una recessione dei consumi, difficoltà di gestione e negli investimenti, aumento dell’IVA.
Senza contare le conseguenze più macro, che riguardano la frenata complessiva della crescita economica, aumento della disoccupazione giovanile, redditi in discesa per le famiglie. Facendo i conti e partendo dal dato del debito pubblico italiano, che si attesta oggi a 2.300 miliardi di euro – chiarisce Camici da Genève Invest – ogni punto 1% in più di interesse sulle obbligazioni di stato, equivalente a 100 punti di spread, brucia 23 miliardi di euro di interessi, che vanno pagati.”
Lo spread BTP-Bund è insomma qualcosa di molto più concreto di quanto non si possa spesso immaginare, un termometro della consistenza finanziaria di un paese che non lascia spazio per le incertezze politiche. Un altro fattore da tenere a mente è che ad oggi, nel momento in cui il ministero del Tesoro italiano dovrà emettere i nuovi BTP, il tasso a cui si rifinanzierà dovrà calibrarsi tenendo come riferimento l’aumento del ‘rischio Paese’ e quindi dello spread.
“Ciò che bisogna capire – concludono da Ginevra gli analisti di Genève Invest – è che la struttura del debito pubblico di un paese che emette obbligazioni finanziarie si muove parallelamente alle oscillazioni dello spread, oscillazioni che, in maniera collegata, influiscono direttamente sulla vita quotidiana di tutti noi. Un sistema economico che non funziona non può mai portare a risultati finanziari solidi, sul lungo periodo. Avere in portafoglio titoli come quelli italiani da un lato paga più interessi, ma dall’altro ci mette in una condizione di rischio più alto: sono tutte dinamiche da tenere in conto, quando si decide di investire”.