A poco più di una settimana dall’assemblea dei soci di Banca Carige che potrebbe decretarne definitivamente il salvataggio la paura dilaga: e se mancasse l’appoggio dei Malacalza? In quel caso, nonostante gli investimenti stabiliti ci si potrebbe trovare davanti alla risoluzione dell’istituto.
Malacalza centrali in possibile salvataggio Banca Carige
Una ipotesi contro la quale i commissari, gli investitori come Fitd e Cassa Centrale Banca hanno tentato di lottare il più possibile, mettendo in piedi un piano quasi perfetto per la rinascita della banca, con una sola incognita: il voto degli azionisti il prossimo 20 settembre. Anche pensando a loro è stato creato un piano aziendale in gradi di riportare Carige ai suoi fasti con il minimo spreco e la possibilità di una massima resa anche per i piccoli soci. Nonostante ciò le intenzioni di Malacalza rimangono il punto centrale di un sì che se non dovesse arrivare la direbbe davvero lunga sia sulle intenzioni che sull’etica dell’azionista di maggioranza della banca.
Viene quindi spontaneo chiedersi: il salvataggio di Banca Carige ancora non è scontato? La risposta purtroppo è no, dato che il 27,5% della famiglia Malacalza ha il suo peso e quel che spaventa è che la stessa non si è espressa sul salvataggio della banca dopo l’annunciata partecipazione di CCB.
Cosa si necessita per il salvataggio di Banca Carige
Per avere la certezza del salvataggio di Banca Carige vi devono essere due specifici elementi: il primo l’aumento di capitale da 700 milioni accompagnato dal bond subordinato da 200 milioni di euro, il secondo il via libera da parte dei soci. Se la prima necessità è coperta da Fitd e Cassa Centrale Banca, per ottenere l’avallo al piano non solo deve essere presente all’assemblea il 20% del capitale, ma gli azionisti devono approvare il piano. Sfortunatamente per chi sta tentando di salvare la banca ligure la posizione dei Malacalza non è nota e questo presuppone che si debba avere a prescindere una maggioranza alternativa presente in grado di coprire almeno il 45% di voti a favore al piano anche senza l’apporto dell’azionista di maggioranza. Secondo gli esperti non si tratta di un obiettivo impossibile ma senza dubbio non si tratterà di un percorso facile. Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, non ha girato intorno al problema:
Mi auguro che l’aumento di capitale venga approvato perché l’unica alternativa è la risoluzione e la risoluzione significa il dissolvimento della banca, la perdita totale degli investimenti fatti dai sottoscrittori e un problema di collasso della banca.
Non resta che aspettare.