Combattere l’evasione fiscale riuscendo a recuperare 12 miliardi di euro in tre anni: si tratta di un obiettivo ambizioso quello ricercato da Mario Draghi su un terreno già battuto dai suoi predecessori. L’attuale presidente del Consiglio sarà capace di fare meglio?
Abbattere il tax gap ad ogni costo
Nello specifico l’obiettivo che il premier sta fissando per il Governo è quello di recuperare la cifra sopra citata entro il 2024, riuscendo in questo modo a far diminuire il tax gap, ovvero il divario o differenza fra quanto dovrebbe essere presente nelle casse dello stato e quello che viene pagato dai contribuenti. Cifre che alimentano il lavoro sommerso e tutte le criticità ad esso legate. Tecnicamente parlando il differenziale fiscale dovrà essere ridotto secondo un piano progressivo già stabilito: entro il 2023 è previsto il recupero di almeno 4 miliardi, con una riduzione del tax gap del 5% rispetto al 2019, mentre nel 2024 si dovrà arrivare a 12,6 miliardi, con una riduzione del 15% del tax gap.
Come ottenere questo risultato? I mezzi a disposizione sarebbero due: il primo è rappresentanto da un potenziamento della compliance e quindi dell’adempimento spontaneo dei contribuenti invitati a chiarire le proprie posizioni “incongruenti” tra il dichiarato e il versato, mentre il secondo è rappresentato dalla conclusione del processo di pseudoanonimizzazione che passa per il potenzialmento delle analisi di rischio nella ricerca dei grandi evasori.
Cosa è stato stabilito per i prossimi anni
Per quel che concerne la parte della compliance, è stato stabilito un aumento del 20% delle lettere inviate ai contribuenti e del 15% del gettito rispetto al 2019 per un totale di 2,5 miliardi potenzialmente recuperabili. E’ in previsione anche un miglioramento della qualità dei controlli per evitare falsi positivi. Tutto per raggiungere, entro il 2024 un flusso di entrate maggiori anche solo attraverso l’applicazione di una compliance migliorata.
La gran parte del lavoro dovà però farla il secondo strumento preso in considerazione per il contrasto all’evasione fiscale: in questo caso sono i big data e la pseudoanonimizzazione dei dati a diventare i protagonisti dato che l’obiettivo principale è quello di dare vita a modelli di rischio evasione attraverso dati preventivamente anonimizzati, riuscendo quindi ad arrivare all’elaborazione di appositi indici capaci di guidare i controlli e rendere più semplice il riconoscimento degli evasori.
I dati raccolti nel 2019 parlano chiaro: quell’anno l’evasione fiscale in Italia è stata di quasi 110 miliardi di euro: il mancato introito vale, a livello assoluto, a oltre 6 punti di Pil. Tradotto in parole comprensibili per tutti, per ogni 100 euro di tasse pagate da cittadini e imprese, 15 sono rimasti nelle mani degli evasori.