Imprese a rischio a causa del caro energia? La risposta è positiva: sebbene al momento la situazione sembri essere sotto controllo, i rialzi di gas ed energia elettrica che hanno colpito i cittadini stanno mettendo a dura prova anche le imprese che rischiano molto, soprattutto per quel che riguarda l’aumento dei prezzi del combustibile.
Costi energetici comprimono margini operativi
Non si tratta di un lamento che lascia il tempo che trova; i costi energetici in Italia per il 2022 sono stimati in 37 miliardi rispetto agli 8 registrati nel 2019 e l’aumento rischia di rivelarsi difficile da sostenere per le imprese italiane. Come ha spiegato il Centro Studi di Confindustria attraverso una nota:
Un livello insostenibile per le imprese italiane. I rincari delle commodity, in particolare del gas e dell’energia elettrica, rischiano di bloccare le imprese. [Si parla di un livello] che minaccia chiusure di molte aziende in assenza d’interventi efficaci. Il prezzo dell’elettricità è più alto che in Francia e altri paesi europei, a seguito delle policy che questi hanno messo in campo. Questi rincari significano anche un marcato aumento della bolletta energetica, pagata dall’Italia ai paesi esportatori.
Cosa significa questo? Semplice: aumentando i costi per via dei rincari, si è ottenuta una grave compressione dei margini operativi, maggiormente sentita dalle imprese che producono beni di consumo e quindi fanno parte di quei settori che si trovano più vicini a una domanda finale ancora compressa. Non ne sono però esenti quei settori definiti energivori, come quelli del cemento e della ceramica, metallurgici e legati alla produzione di carta e legna.
Bisogno di strategie ben precise
Secondo Confindustria, per uscire da questa situazione vi è bisogno che vengano messe in atto delle strategie ben precise, azioni strutturali e congiunturali capaci di riequilibrare la situazione come un intervento sulle componenti parafiscali e fiscali delle bollette del gas e dell’energia elettrica. Azione che si potrebbe tradurre in un aumento del livello di esenzione per quel che concerne i settori della manifattura che rischiano di dover delocalizzare per rientrare dei costi e al contempo aumentare la produzione nazionale dell’energia sopra descritto, utilizzando maggiormente le proprie risorse senza ricorrere troppo ad approvvigionamenti internazionali.
Ovviamente il maggiore impatto del caro energia è pagato da quei settori che sono costretti a utilizzare le commodity con i maggiori rincari. Anche in Italia l’inflazione sta crescendo, ma spinta principalmente dal caro energia (+3,9%). Il valore core al netto di alimentari ed energia è ancora a un buon livello con il suo 1,4%. Il problema sostanziale? L’Italia è il paese che più di tutti soffre il rincaro del gas naturale perché fonte energetica privilegiata.