Deciso l’aumento di capitale per Unicredit. La maxi perdita di oltre 10 miliardi nel terzo trimestre ha avuto le conseguenze attese: niente dividendi e necessità di un’iniezione di denaro per la banca. Il Consiglio di amministrazione di Unicredit ha approvato il lancio di un aumento di capitale a pagamento per un totale di 7,5 miliardi di euro. Le azioni saranno offerte in opzione dapprima ai soci, la quantità che dovesse rimanere sarà messa sul mercato. Il management di piazza Cordusio prevede di realizzare la ricapitalizzazione entro il primo trimestre 2012. Sarà inoltre proposta all´approvazione dell´assemblea straordinaria un raggruppamento di azioni ordinarie e di risparmio basato sul rapporto di una nuova azione ordinaria o di risparmio ogni 10 azioni ordinarie o di risparmio esistenti.
Mi sembra che sia una risposta veloce che UniCredit ha dato – ha affermato la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, a proposito della decisione dell’istituto di aumentare il capitale -. La volonta’ di aumentare il capitale significa che c’e’ la volonta’ di continuare a fare impieghi, cosi’ come di dare credito alle imprese. Mi pare che nel piano di UniCredit ci sia anche la volonta’ di tornare al core business: stare piu’ vicino alle imprese e questo mi sembra un fatto positivo.
Unicredit ha annunciato oggi di aver chiuso il terzo trimestre del 2011 in rosso di €10,64 miliardi e la perdita é stata causata da svalutazioni di natura straordinaria e non ripetibili (per un totale di €10,16 miliardi al netto delle tasse), legate alla turbolenza del mutato scenario macroeconomico e regolamentare. Il risultato di gestione ha raggiunto €1,85 miliardi registrando un calo del 27% rispetto al terzo trimestre del 2010. Il margine di intermediazione si é ridotto dell’11,3% e ha raggiunto €5,72 miliardi a causa della perdita netta di negoziazione.
La perdita – sottolinea in una nota Unicredit – è dovuta soprattutto all’allargamento degli spread sui titoli governativi dei paesi del Sud Europa, in particolare l’Italia, e in seconda battuta all’allargamento degli spread su altre obbligazioni non governative.
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