Tra i tanti appuntamenti finanziari della settimana, vi è un evento che non sarà certamente passato inosservato agli occhi di chi, in questi mesi, ha seguito con noi l’atteso aumento di capitale di Fonsai e Unipol, anticamera (l’ennesima!) della creazione del maxi polo assicurativo che dovrebbe poter competere con l’altro big nazionale, Generali (qui i nostri commenti sulla positiva semestrale). Ebbene, in settimana parte l’asta dei diritti inoptati per gli aumenti di capitale delle due società di cui abbiamo appena fatto riferimento: un mini mercato da quasi 800 milioni di titoli, non collocati con le operazioni straordinarie di incremento patrimoniale.
Si tratta, a conti fatti, di circa il 30% delle azioni offerte, per un totale molto rilevante, che comprende altresì anche le azioni di risparmio che, in mancanza di ulteriori acquirenti, verranno assorbite da Unipol, e le azioni di privilegio Unipol. Stando alle stime compiute dal consorzio di garanzia formato da Mediobanca, Unicredit, Ubs, Nomura, Credit Suisse, Barclays e Deutsche Bank, vi sarebbe la speranza di poter collocare almeno un altro 10% a terzi investitori, che finora non avevano provveduto a comprare i diritti sul mercato.
Sui nomi di questi potenziali investitori terzi, vi sono molti dubbi. Su tutti, però, il nome più ricorrente sembra esser quello di Raffaele Mincione, finanziere romano con sede a Londra, già acquirente di 80 milioni di diritti inoptati per l’aumento di capitale della Banca popolare di Milano, operazione che ha consentito al finanziere di diventarne uno dei principali azionisti di spicco.
Come segnalato da un recente articolo de La Repubblica, tuttavia, il problema sta nel fatto che “la trasparenza delle operazioni di Mincione non è da guinness dei primati, in quanto gli investimenti hanno origine in finanziarie off shore i cui beneficiari rimangono nell’ombra. Per esempio, nel caso della Bpm, fonti autorevoli riferiscono che i soldi veicolati da Mincione sulla banca lombarda siano in gran parte di alcune benestanti famiglie milanesi, che vanno sotto il nome di Borromeo e Ricci. Mincione era un trader della Merrill Lynch che racconta di aver speculato con successo alla fine degli anni ’90 sui bond della Russia, oltre ad aver effettuato altri investimenti di successo in Africa nel settore petrolifero. Lo scorso maggio Mincione ha fatto il suo ingresso anche nel capitale del Monte dei Paschi di Siena, rilevando un 1% a prezzi che si sono già rivelati troppo alti. Ora potrebbe essere il turno di Fonsai e Unipol dove le banche del consorzio non vedono l’ora di essere alleggerite dall’onere di un inoptato oltre le aspettative. Si vedrà già a metà settimana se le aspettative di Mediobanca & C. saranno soddisfatte o se gli investitori si terranno alla larga dall’operazione. Poi bisognerà verificare quando le azioni che effettivamente ricadranno sulle spalle del consorzio verranno riversate sul mercato con inevitabili effetti negativi sulle quotazioni dei due titoli. Si dice che il contratto tra le banche preveda un lock up (vincolo) a non cedere le azioni della durata di quattro mesi, ma ciò non esclude che anche prima alcuni istituti possano cominciare ad alleggerirsi attraverso la costruzione di strumenti derivati. Insomma le sofferenze per i titoli Fonsai e Unipol non sembrano ancora terminate”.