Quali sono state le motivazione che hanno spinto il presidente della Bce a non modificare i tassi di interesse nella zona Euro?
Draghi ha ricordato il forte miglioramento dell’indice PMI composito in Europa soprattutto nel settore dei servizi che solitamente porta a una forte crescita dei posti di lavoro. Altro elemento positivo è stato il restringersi del differenziale negli indici di fiducia tra Germania e paesi in difficoltà (Spagna e Italia). La disoccupazione è su livelli molto alti ma negli ultimi mesi si è stabilizzata.
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Come avevamo previsto i recenti dati macroeconomici sono stati decisivi per convincere i membri del Consiglio Direttivo a non agire. Draghi ha voluto anche sottolineare come la possibile decisione di interrompere la sterilizzazione del piano SMP non è stata presa perché non si sono osservati degli sviluppi nel mercato monetario tali da dover intervenire, spiega Filippo Diodovich di Ig. Inoltre Draghi ha dichiarato che tale operazione avrebbe comunque benefici molto limitati (“injection for a short time”). Anche le altre soluzioni per il mercato del credito sono ancora in esame ma riteniamo che difficilmente verranno implementate in futuro. Draghi ha ricordato che gli esperti della banca centrale stanno studiando ancora tre possibili operazioni: revitalizzare il programma ABS, il Funding for Lending Scheme (tipo modello della Bank of England) e un piano di quantitative easing (QE).
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Riteniamo che Draghi abbia deluso molto. Soprattutto se guardiamo l’elevato livello tasso di disoccupazione registrato in alcuni paesi europei. Anche se la BCE non ha come la Federal Reserve il mandato della piena occupazione avrebbe dovuto agire per promuovere degli stimoli monetari per migliorare le condizioni del mercato del lavoro. Anche nel mercato del credito era necessario fare qualcosa. L’immobilismo della BCE potrebbe rallentare ulteriormente la ripresa delle attività economiche di Eurolandia.