Mario Draghi, governatore della Bce, traccia il bilancio degli ultimi anni dell’Eurozona e trova il tempo di bacchettare l’Italia, dove le parole dei politici, prive di fondamento ed esagerate, hanno causato danni alle famiglie ed alle imprese.
L’intervento ha fatto parte della sua audizione all’Europarlamento a Bruxelles, nel corso della quale ha sottolineato come nei prossimi mesi ci si troverà davanti ad una forte ripresa dell’inflazione core: parole che hanno sostenuto i mercati e che hanno portato l’euro a stagliarsi a 1,18 sul dollaro. Il lavoro da fare, spiega, non è ancora finito, ma già da adesso è possibile raccogliere il frutto dei propri sforzi grazie ad una “crescita positiva da oltre 5 anni“, il calo della disoccupazione ed il reddito disponibile per le famiglie in aumento. Ma al contempo ci sono anche parole dure nei confronti dei politici italiani, confermando ciò che aveva già detto qualche giorno fa:
Ho detto che le parole hanno fatto danni, perché le famiglie e le imprese pagano tassi più alti di prima [Per le famiglie sono anche saliti i tassi sul credito al consumo] anche se per i mutui il processo è più lento. Questo è successo in Italia e non altrove.
Per ciò che concerne il quantitative easing lo stop avverrà come deciso in precedenza con la fine dell’anno . Questo non “significa che la nostra politica monetaria cesserà di essere accomodante“, spiega Mario Draghi. “Le nostre misure di politica monetaria hanno dato un contribuito molto sostanziale agli sviluppi economici positivi nell’Eurozona e l’impatto complessivo sulla crescita del pil dell’Eurozona e dell’inflazione in entrambi i casi è attorno a 1,9 punti percentuali in modo cumulativo tra il 2016 e il 2020“.