Mario Draghi non è molto ottimista: i dati post fine quantitative easing sono stati più blandi del previsto e l’incertezza generale potrebbe, secondo il presidente della Banca Centrale Europea, mettere a rischio la tranquillità dell’Europa.
Il suo intervento presso il Parlamento Europeo è serio e va dritto al punto: con fiducia si è messo fine al quantitative easing fiduciosi che “la convergenza dell’inflazione verso l’obiettivo sarebbe progredita”. Il problema? I recenti sviluppi economici sono stati più deboli e le incertezze globali sono rimaste, portando il peso dei loro problemi. Insomma per Mario Draghi non ci si può ancora compiacere dei risultati ottenuti e pensare ad uno stimolo significativo per i mercati. Ha sottolineato durante il suo discorso:
Oggi possiamo dire che l’area euro è uscita da una crisi così grave che ha minacciato più volte la sua stessa esistenza. Siamo fuori, prima di tutto per la resilienza, l’energia, la capacità imprenditoriale dei cittadini europei, e per la loro fiducia nell’impegno dei loro leader per l’euro. Per produrre pienamente i suoi benefici, la Ue ha bisogno di impegno permanente dei politici, sia a livello nazionale che europeo. L’incertezza geopolitica mette in discussione i pilastri su cui è stato costruito l’ordine post II Guerra mondiale, mette in discussione la Ue, ha a che fare con la Brexit, la negazione del sistema multilaterale. Alcune cose vanno meglio, altre peggio, il risultato è che per ora l’incertezza proseguirà, cambia natura, e ha un costo che è minor fiducia. Per questo valutiamo.
Cosa significa questo? Che per ora la BCE rimane a guardare quel che succederà, essendo già pronta ad agire in caso di recessione.