Tra gli indicatori “di pericolo” che aiutano gli investitori a valutare il rischio reale legato ai titoli di Stato dei Paesi Europei, uno dei più importanti è sicuramente il livello del debito pubblico. In Eurozona il debito pubblico è salito ancora e nel primo trimestre dell’anno in corso ha sfiorato l’88,2% contro l’87,3% di fine 2011. Tra le situazioni specifiche più pericolose troviamo proprio l’Italia; l’ultima rilevazione registra un debito pubblico in aumento al 123,3% del PIL, il valore più alto da quando vengono fatte le rilevazioni. Il picco storico del 1995 a 120,9% è stato ampiamente superato mentre la distanza con l’anno precedente (120,1% a fine 2011) sottolinea come nel breve termine vengono registrati gli effetti della crisi e della recessione.
Le difficoltà del Paese non sono certo una novità, ma il fatto che il rapporto tra debito pubblico e PIL sia il secondo in Eurozona dubito dopo la Grecia (123.4%) aggrava sicuramente la posizione del Bel Paese e la risposta degli investitori non si fa’ attendere; i titoli del settore bancario trascinano al ribasso Piazza Affari con un -6.05% guidato da Intesa Sanpaolo (che al momento perde oltre il 7%). Il devastante ribasso ha colpito tutto il listino italiano ed il FTSE-Mib registra una perdita prossima al 4% con il valore che si avvicina pericolosamente al bottom del 2009, riportando gli orologi indietro di quasi 3 anni. La nuova fase della crisi scoppiata ad Agosto del 2011 sembra evolvere a distanza di quasi un anno preciso in una fase ben peggiore; la recessione che ha colpito i mercati reali ha alimentato la sfiducia nei mercati azionari e dei titoli di Stato, dove ora il prezzo per garantire una raccolta di investitori soddisfacente è diventato estremamente alto con i rendimenti ormai insostenibili. In un periodo in cui l’accesso al credito è bloccato e la “finanza di carta” spaventa più che mai gli investitori la fuga dai mercati azionari è naturale e difficilmente si fermerà con il raggiungimento del bottom del 2009 sul FTSE-Mib.