Non ha precedenti la mossa a cui hanno preso parte le più grandi banche centrali del pianeta: in USA, Europa, Canada, Inghilterra e Svezia i tassi di interesse sono stati ridotti di 50 punti base. Ribassi anche in Cina (27 punti base), Hong Kong (50 punti base) e Svizzera (50 punti base). Questo dopo che ieri la banca centrale australiana aveva ridotto i tassi di un punto percentuale. Quello a cui abbiamo assistito è un taglio dei tassi coordinato a livello mondiale e viene in risposta al crollo dei mercati azionari. La speranza è quella di bloccare il panic selling di questi giorni riducendo la volatilità dei mercati. Un secondo obiettivo è poi quello di riportare i tassi interbancari ai livelli delle scorse settimane, in modo da togliere un ulteriore fardello alle banche in cerca di liquidità a breve termine. L’intervento delle banche centrali era stato anticipato dal discorso di Ben Bernanke (direttore della FED), il quale aveva parlato di evidenti segnali di rallentamento dell’economia statunitense e della conseguente presa di coscienza da parte della FED della necessità di un taglio dei tassi.
E’ ancora presto per dire se questa azione avrà successo, anche se è bene evidenziare che un primo risultato è stato ottenuto: i mercati europei sembrano aver invertito la tendenza e sono in recupero dopo un avvio disastroso, a Wall Street l’apertura è negativa, anche se il mercato USA sembra far meglio di quelli europei. La situazione resta però caotica, con i mercati che sembrano ormai dare per scontato l’arrivo della recessione e il fallimento di un numero imprecisato di banche. Ma di cosa ha bisogno il mercato per mettere un freno ai ribassi? Quello che adesso manca veramente è la fiducia nella capacità delle economie di uscire da questa crisi senza subire grossi danni. Resta inoltre l’interrogativo in merito all’andamento del mercato immobiliare americano. La paura genera paura e si può dire che questi sono momenti di panico. E’ evidente il parziale fallimento del piano Paulson: gli 850 miliardi di dollari non hanno posto un freno ai crolli, anche perché, come sottolineato da Riccardo Cesari in questo articolo, si è puntato solo agli effetti e non alle cause della crisi, trascurando il mercato immobiliare e non tendendo conto del fatto che in questo momento la mancanza di trasparenza dei mercati (non si sa esattamente quali rischi corrono le banche) sta distruggendo la fiducia degli operatori.
Più interessante potrebbe invece essere il provvedimento che il governo inglese ha attuato in mattinata: 50 miliardi di sterline (64 miliardi di euro) per aumentare la solidità delle principali banche inglesi (in pratica verranno attuati aumenti di capitale, con la consegna allo Stato di azioni privilegiate) e 200 miliardi di sterline per finanziamenti a breve termine. Gordon Brown mira quindi a evitare la crisi di liquidità aumentando al contempo gli indici di solidità delle maggiori banche inglesi.
Adesso il testimone passa agli altri governi europei i quali ieri sono riusciti a trovare un accordo soltanto per la tutela dei depositi dei cittadini europei. Per stasera in Italia è previsto un consiglio dei ministri per discutere della crisi finanziaria. Purtroppo dobbiamo sottolineare come l’alto debito pubblico italiano renda difficile l’attuazione di mosse simili a quelle inglesi o statunitensi.