I mercati tornano a crollare. La scorsa settimana il rischio era di trovarci nel mezzo a una paralisi dei mercati del credito, oggi i dati macroeconomici ci fanno intuire di essere di fronte ad una probabile recessione. I dati sulle vendite al dettaglio, lo stato dell’industria a New York, il beige book della FED sono stati i fattori che hanno portato di nuovo pessimismo mettendo in ombra tra le altre cose i buoni risultati di JPMorgan, Coca Cola e Intel, nonchè l’ulteriore calo dei tassi interbancari; un discorso a parte merita l’inflazione. Sembra ormai troppo tardi per evitare la recessione.
Le vendite al dettaglio negli USA sono calate a settembre dell’1,2%, quando invece le attese erano per un -0,7%. E’ da agosto 2005 che non si registrava un calo del genere e adesso c’è forte preoccupazione per l’andamento dei consumi, i quali nel calcolo del PIL costituiscono la prima componente in ordine di importanza. Brutte notizie anche dalla produzione manifatturiera di New York, in questo caso il dato è il peggiore dal 2001. In rallentamento anche l’inflazione, ma in questo caso solo grazie alla diminuzione dei prezzi delle commodities in quanto la componente core dell’aumento dei prezzi (non vengon considerati energia e cibo), meno sensibile alle materie prime, è in rialzo dello 0,4%.
Ben Bernanke, direttore della Fed, ha parlato in occasione della presentazione del Beige Book, l’analisi che la Fed fa della situazione economica delle varie regioni del paese.
Le turbolenze dei mercati e le difficoltà delle grandi società finanziarie nel trovare fondi hanno determinato un stretta del credito nei confronti di proprietari di case, imprese,Stato e governi locali e con questo hanno posto una seria minaccia alla crescita economica. […] La stabilizzazione dei mercati finanziari è il primo e critico passo da compiere, ma anche se riusciremo in questo, assistere ad una profonda ripresa dell’economia non sarà automatico.
Bernanke ha poi continuato evidenziando che il settore immobiliare rimane la prima debolezza dell’economia statunitense e che stiamo contemporaneamente assistendo a un rallentamento dei consumi, degli investimenti e del mercato del lavoro, mentre anche le esportazioni potrebbero tornare a rallentare. Quindi in pratica tutta l’economia USA sta rallentando e se ancora possiamo parlare di crescita per l’anno 2008, più complicato appare lo scenario per il 2009. La Fed ha assicurato infine che verranno compiuti tutti gli sforzi possibili per mantenere accettabile il livello di liquidità presente sul mercato e in particolare che è al vaglio l’ipotesi di un ulteriore taglio dei tassi nei giorni a venire. L’ipotesi del taglio dei tassi è resa credibile anche dal rallentamento dell’inflazione, cosa che permette alle banche centrali di concentrarsi sugli stimoli alla crescita (le banche centrali infatti possono intervenire sui livelli di liquidità presente nel mercato; se i tassi vengono ridotti significa che sul mercato è più facile e meno costoso trovare denaro a prestito con la conseguenza che investire diventa più vantaggioso, l’economia cresce più velocemente, ma aumenta la possibilità che la crescita si trasformi in inflazione).
Significative inoltre le parole pronunciate ieri da Nouriel Roubini, professore di economia a New York il quale già nel 2006 aveva predetto la crisi attualmente in corso. Roubini ha affermato che la recessione in cui entreranno gli Stati Uniti sarà la peggiore degli ultimi 40 anni
Ci sono ancora significativi rischi di ribassi del mercato azionario e dell’economia. Saremo sorpresi dalla intensità della recessione e dalla vastità delle perdite finanziarie.
Secondo Roubini inoltre la recessione potrebbe durare dai 18 ai 24 mesi, portando il livello di disoccupazione al 9% (adesso è sotto al 7%) insieme ad un ulteriore crollo dei prezzi delle case (stima il 15%).Secondo l’economista i 250 miliardi di dollari stanziati dal governo non basteranno e per evitare la bancarotta delle più grandi banche USA saranno necessari ulteriori sforzi.