L’uragano subprime colpisce ancora a Wall Street: dopo le banche ora tocca anche al più grande gruppo assicurativo mondiale, American International Group, crollato in Borsa come mai da 20 anni a questa parte. Il titolo collocato sul New York Stock Exchange (NYSE) ha perso l’11% dopo che la compagnia ha ammesso che i revisori dei conti hanno trovato “elementi di debolezza” nella valutazione di alcuni prodotti derivati del portfolio, in pratica il “credit-default swap portfolio“, polizze di assicurazione contro insolvenze legate ai cdo-collateralized debt obligation, pacchetti di debito, come i mutui, venduti poi sotto nome diverso agli investitori.
I cosidetti auditors, al lavoro per la SEC, la CONSOB d’oltroceano, hanno rivelato infatti la presenza nel portfolio del gruppo assicurativo di derivati legati a debito a rischio non segnalati o non contabilizzati correttamente dalla società. AIG potrebbe vedersi quindi costretta ad aumentare di oltre 4 miliardi le svalutazioni relative alle cartolarizzazioni.
Secondo quanto rivelato da Bloomberg le perdite sarebbero appunto state di 4,88 miliardi tra ottobre e novembre, mentre nel mese di dicembre il gruppo aveva parlato di un calo di 1,1 miliardi in quel periodo.
Dopo la diffusione della notizia Wall Street ha aumentato le perdite: il Dow Jones ha perso lo 0,78% a 12.087 punti ed il Nasdaq è sceso dello 0.31% a 2,2297 punti. Negativo anche l’S&P 500 che ha ceduto lo 0,75% a 1.321.
Dll’inizio della crisi dei mutui subprime il gruppo ha perso un terzo del suo valore di mercato a causa dei timori sulle sue perdite. Ma il suo collasso non è dovuto solamente all’annuncio di perdite, pratica ormai consolidata per i grandi gruppi finanziari statunitensi, ma anche all’ennesimo scandalo di scarsa, o nulla, trasparenza sui bilanci, indipendentemente dalla crisi.
La Ficht, società di valutazione del credito aziendale, ha messo il titolo sotto osservazione per la riduzione del rating. L’ad di AIG, Martin Sullivan, aveva assicurato nei mesi scorsi che il gruppo non stava andando incontro a perdite rilevanti e che il livello di esposizione degli affari del gruppo alla crisi era “gestibile“. E’ molto probabile ora che Sullivan, in carica dal 2005, segua le orme dei suoi colleghi di Merryl Linch e Citigroup, costretti a rassegnare le dimissioni.
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