JP Morgan Chase, la principale banca statunitense per attività, ha chiuso il quarto trimestre del 2011 con un profondo calo degli utili netti, assestati a quota 3,73 miliardi di dollari (equivalenti a 90 centesimi per azione) contro i precedenti 4,83 miliardi di dollari conseguiti nello stesso periodo di un anno fa: una contrazione della redditività che era stata ampiamente attesa dagli osservatori finanziari locali e internazionali, ma che ha comunque creato ben più di qualche malumore tra gli stakeholders della corporate americana.
Per quanto riguarda il business della società, la compagine ha affermato che il giro d’affari nel quarto trimestre 2011 è rimasto pressochè stabile, intorno ai 22,3 miliardi di dollari. Risultati che non hanno soddisfatto – come abbiamo già osservato – i principali stakeholders (primi tra tutti, i più importanti azionisti dell’azienda) e che hanno sostanzialmente costretto il chief executive officer James Dimon a sbilanciarsi in un commento a caldo, con il manager che ha affermato come i risultati siano stati “abbastanza deludenti”.
A guardare il bicchiere mezzo pieno, si potrebbe tuttavia ricordare come – nonostante le forti criticità attraversate dal mercato finanziario locale, la banca abbia mantenuto stabile il proprio fatturato, e abbia riscontrato una crescita della domanda di mutui e prestiti per 2,1 punti percentuali su base annua. Stando a quanto affermato dal management societario, a migliorare sarebbe stata anche la qualità del credito, con un calo delle nuove sofferenze e dei nuovi incagli.
Di contro, le entrate provenienti dall’investment banking sono calate del 30% a 4,36 miliardi di dollari su base annua, mentre l’equity market ha generato introiti per 779 milioni di dollari. Le entrate della divisione a reddito fisso sono state pari a 2,5 miliardi di dollari, ha poi concluso la banca, affermando come siano in evidente flessione gli accantonamenti per le perdite su credito.