Dubai World – holding dell’emirato – ha chiesto lo scorso mercoledì che venissero congelati per sei mesi i debiti accumulati (la bellezza di 59 miliardi di dollari): sono seguiti giorni di preoccupazione e ripercussioni anche sui mercati finanziari. Così, mentre gli sceicchi si apprestano a festeggiare il 38esimo anniversario dell’indipendenza di Abu Dhabi con il “più grande spettacolo pirotecnico nella storia dell’umanità” (fonte, il quotidiano Al Ittihad), crescono ancora i credit default swaps (Cds), ovvero il costo per assicurare il debito sovrano dell’emirato del Golfo, attestandosi a 708,96 punti base (+31% rispetto a ieri). In soldoni: occorrerebbero 708mila dollari per assicurarsi per cinque anni 10 milioni di dollari di debito sovrano.
Intanto, il primo effetto immediato di quanto accaduto al Dubai World sta nel fatto che Dubai è ora nelle posizioni di vertice all’interno della classifica dei paesi a rischio default: in vetta l’Ucraina con una probabilità che oscilla attorno al 57%, stessa probabilità anche per il Venezuela; segue al terzo posto l’Argentina, con una probabilità di default preventivata per il 46% e a ruota c’è proprio Dubai, il cui rischio default e del 39%.
Rispetto alla situazione attuale negli Emirati è peraltro intervenuto più di un esperto economista:
il Presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo ha soltanto affermato che:
“Su Dubai si fa troppa confusione con l’altro Emirato, di Abu Dhabi, la cui situazione economica è solida e profondamente diversa”.
Federica Miglietta, ricercatrice di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università di Bari e docente presso il dipartimento di Finanza della Bocconi di Milano dice invece ad AdnKronos:
“Le banche europee sono esposte per 40 miliardi di dollari, che non sono pochi, ma non sono neanche una cifra gigantesca. Le banche italiane, poi, sono esposte pochissimo. Ad essere molto esposte sono invece la Standard Chartered e la Hsbc. Anche per le aziende italiane del settore immobiliare non ci sono esposizioni particolarmente importanti. La Sace ha subito fatto le sue indagini arrivando alla conclusione che, pur essendo l’Italia un partner importante per Dubai, i rischi sono limitati. I paesi più esposti nel caso di default di Dubai World (holding finanziaria dell’emirato per la quale è stata chiesta una moratoria di 6 mesi per 59 miliardi di dollari di debiti, ndr) e dell’emirato in generale sono gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’India. Se le difficoltà in cui si trova Dubai dovessero perdurare, l’emirato potrebbe essere costretto a vendere le numerose partecipazioni di società di tutto il mondo che ha acquisito a prezzi convenienti nel momento in cui le borse del pianeta crollavano. Questo potrebbe dare il via a una serie di effetti a catena sui mercati. Bisogna quindi augurarsi che non vendano, o quantomeno che vendano per gradi, tutte le quote che hanno in portafoglio, perché l’impatto sarebbe devastante”.