Sono passati quattro anni dal fallimento di Lehman Brothers, un simbolo del crollo della finanza statunitense. La banca d’affari americana subì un tracollo che lasciò senza lavoro migliaia di dipendenti, e denunciò globalmente la propria incapacità a gestire la moda dei mutui sub prime, che diedero poi l’avvio a difficoltà planetarie. Ed oggi cosa è accaduto? Si può tornare ad avere fiducia nella finanza statunitense? Quale è la situazione delle principali banche d’affari a stelle e strisce in questo scorcio finale di 2012?
A chiederselo è stato un approfondimento condotto dall’edizione online de La Repubblica, che ricorda come “quattro anni fa, le Borse di tutto il mondo crollarono a picco. Oggi, Wall street si è risollevata (nelle ultime sedute i listini sono ritornati a livelli precrisi, con il Dow Jones ben al di sopra dei 13mila punti) e il sistema è sulla via della ripresa, ma gli strascichi della crisi si fanno ancora sentire: il numero dei disoccupati negli Usa come in Europa, il calo dei salari e del valore degli immobili, il ribasso delle spese per consumi, le perdite degli investimenti in azioni e i buchi di bilancio delle aziende americane. Il crack di Lehman Brothers ha spinto i mercati a trovare nuove regole”.
E oggi cosa è cambiato? “Oggi la supervisione è più serrata” – continua il quotidiano online – “a livello internazionale sono stati presi accordi che dovrebbero contribuire a evitare il ripresentarsi di situazioni altrettanto drammatiche. Eppure molto deve ancora essere fatto, a cominciare dall’applicazione della riforma finanziaria varata dal presidente Barack Obama negli Stati Uniti”.
Ma attenzione a fidarsi. “La crisi non ha ancora allentato la morsa” – conclude La Repubblica – “Si è solo spostata: dalla finanza all’economia. E dagli Stati Uniti è arrivata fino all’Europa. In quattro anni l’economia statunitense è scivolata in recessione e ne è uscita, ed è ora alle prese con una debole ripresa economica e una disoccupazione elevata, contro la quale a distanza di quattro anni è ancora la Fed a scendere in campo, inondando il mercato di liquidità con il piano di aiuti più aggressivo dal 2009. La crisi è già costata agli Usa il primo downgrade della loro storia da parte di Standard & Poor’s e che rischia di costarne un altro. L’agenzia Moody’s ha infatti avvertito che, in mancanza di un’intesa in Congresso per evitare il cosiddetto “fiscal cliff” (l’aumento delle tasse e la stretta alla spesa che scatteranno il prossimo anno), gli Stati Uniti potrebbero perdere la tripla. Un accordo sembra difficile: senza – secondo economisti e osservatori – l’economia americana, che già risente della crisi del debito europea, scivolerà in una nuova recessione. I tagli automatici alla spesa che scatteranno il prossimo 2 gennaio avranno, mette in guardia la casa Bianca, un “impatto grave” sulla nazione”.